Un rinnovato desiderio di spiritualità

La relazione diocesana del terzo anno del cammino sinodale: creare e curare relazioni autentiche basate sull’accoglienza

Protagonista di relazioni sane, testimone credibile e formatore competente: è la figura dell’animatore pastorale che emerge dal “discernimento” svolto nel terzo anno del cammino sinodale, la cosiddetta fase sapienziale. L’equipe diocesana del sinodo, coordinata da don Federico Boccacci, vicario episcopale per la pastorale, ha reso noto il documento di sintesi (scarica) presentato alla Conferenza episcopale italiana.

«La nostra Chiesa – si legge – si è impegnata a intercettare un rinnovato desiderio di spiritualità che si mostra nelle pieghe della storia e nelle nuove generazioni, realizzando un “discernimento spirituale comunitario” attraverso la frequentazione della Parola e della vita dello Spirito. Sono state percorse nuove strade di confronto, con attenzione ai linguaggi e al modo di comunicare: questione non più rimandabile, di complessa gestione, sulla quale è necessario un impegno globale di attenzione, verifica e formazione». Un’esperienza realizzata con un ciclo di quattro incontri del Consiglio pastorale diocesano, allargati a consacrati e laici, donne e uomini impegnati a vario titolo negli uffici pastorali diocesani, nei movimenti e nelle associazioni cattoliche che operano nel territorio. Quattro i temi al centro degli approfondimenti: la missione secondo lo stile di prossimità; i linguaggi, la cultura, la proposta cristiana; la formazione alla fede e alla vita; la corresponsabilità.

A indirizzare il confronto è stato il metodo della conversazione spirituale attraverso cui molti hanno potuto fare esperienza della “carezza dell’ascolto”, di una Chiesa capace di “abitare i luoghi concreti”.

Dagli incontri è emersa anzitutto l’importanza di “creare” e “curare” relazioni autentiche basate sull’accoglienza dell’altro, senza etichette o pregiudizi, nella consapevolezza che ognuno è colmo di talenti da mettere a frutto, partecipando in modo consapevole e attivo alla vita della comunità. Dal lato della testimonianza occorre «prendere consapevolezza del ruolo fondamentale che hanno gli adulti nei confronti dei giovani, che sanno mettersi in ascolto delle loro domande, prendere a cuore le loro fragilità, essere aperti alle loro critiche, capaci di accoglierli ed amarli, e soprattutto capaci di riconoscere le loro potenzialità». Anche dal punto di vista della forma-zione emerge un desiderio di maggiore cura della comunità affinché le parrocchie siano maggiormente aperte al mondo, capaci di abitare i diversi luoghi e i diversi ambienti dove avviene la vita delle persone.

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La prossimità è emersa come bisogno e condizione per vivere le relazioni all’interno della comunità: per essere fruttuosa deve però affondare le sue radici in Cristo. Il modello proposto è quello del buon Samaritano, «per lasciarsi trasportare da un bisogno di fare il bene che sia più forte delle abitudini, della legge, delle tradizioni religiose». Questo richiede alla Chiesa di conoscere e utilizzare in modo virtuoso i nuovi linguaggi dell’era digitale, per rendere il contenuto della comunicazione imperniato sul messaggio di liberazione che Cristo ha portato nel mondo, affinché i social non diventino una vetrina per qualcosa di non autentico o di effimero. «Il linguaggio – si legge – è segno dello stile di inclusione e di ascolto sperimentato con frutto nel corso del cammino sinodale, che deve restare come “proprium” della Chiesa».

Il Sinodo, inoltre, ha ribadito che la liturgia non può più essere lasciata all’improvvisazione: «urge una cura scrupolosa e una consapevole “ri-assunzione” del rito che lasci trasparire la presenza di Cristo al centro delle celebrazioni, che faccia percepire contemplazione, adorazione, gratuità e rendimento di grazie». Così pure la Parola di Dio «non ammette più trascuratezze di alcun genere da parte di tutti i membri della comunità, della quale è indispensabile nutrimento». Per questo motivo viene chiesto che i presbiteri tengano omelie essenziali, perspicue e radicate esclusivamente nella Parola, aiutando a sprigionarne tutta l’efficacia nella vita dei credenti. L’invito, per ogni credente, è soprattutto quello a una responsabilità diretta e non delegata nella cura pastorale delle comunità, con l’auspicio che i laici abbiano una preparazione necessaria per la gestione in prima persona delle diverse realtà pastorali.

Nell’ambito dei lavori del Consiglio pastorale diocesano il tema della formazione ha consentito di allestire un laboratorio comune a partire dalle esperienze personali dell’incontro con il Signore, intese come i primi passi verso la fede autentica.

L’equipe sinodale indica anche quelle che sono le proposte per continuare il cammino nei prossimi due anni: intensificare il metodo della conversazione spirituale mantenendo vivo il dinamismo missionario della Chiesa diocesana e il dialogo attento con ciascuno, anche in lavori di équipe nei quali ognuno è protagonista e responsabile; promuovere una formazione di alto profilo dei laici educandoli alla responsabilità della comunità ecclesiale attraverso l’istituzione di una “Scuola di laicità”; irrobustire il dialogo con la realtà civile, culturale, sociale e politica del territorio attraverso “tavoli tecnici” e “progetti condivisi”; rendere protagonisti i giovani come testimoni della fede e dare voce alle loro esigenze, alle loro grandi ricchezze, alle loro critiche; curare una liturgia semplice, sobria e creativa.