Spunta un fiore dal cemento!

Sabato 18 aprile sono partiti gli ultimi due marittimi rimasti sulla nave abbandonata a Civitavecchia

Una storia che ultimamente si ripete grazie agli aiuti dell’8 x mille della Chiesa Cattolica, ma soprattutto ai molti volontari della Stella Maris nei nostri porti in Italia
 

La storia, questa volta, è anche un piccolo segno di speranza che non avrebbe nulla a che fare con gli abbandoni delle navi .
Nel dicembre del 2008 la nave NESIBE E si trova fuori dal porto di Civitavecchia con un solo motore ed il vento molto forte. I rimorchiatori del porto la soccorrono, ma poi chiedono all’armatore 200.000,00 (duecentomila) euro per averla portata al sicuro. L’armatore di quella povera nave “scompare” perché non ha di come pagare un conto tanto alto. La nave trasportava un carico di cemento destinato a Genova. Mancano da subito viveri e gasolio per sopravvivere a bordo e i marittimi vengono ospitati in una struttura della Caritas locale.
Attraverso la solita trafila riusciamo a mandare quasi tutti i marittimi turchi a casa, ma il comandante e un altro membro dell’equipaggio devono rimanere per custodire la nave.
Rimane con il comandante sua moglie, che è l’altro membro dell’equipaggio che da qualche mese si era imbarcato perché Hammed (invento il nome perché la storia che vi racconto è molto personale) è stato lontano da casa per oltre 24 mesi e lei, per amore, è diventata marittima per stare un po’ con lui. Ora sono rimasti loro due e devono custodire la nave per motivi di sicurezza e per preservare il carico.
Nonostante il loro contratto sia scaduto e il datore di lavoro (l’armatore) sia scomparso, di fronte al “carico di cemento” le loro vite passano in secondo piano.
Arrivano, un giorno, i proprietari del carico che fanno la spesa ad Hammed e Krista e li invitano a pranzo per accedere alla nave e verificare se il cemento è ancora utilizzabile. Se così fosse forse Hammed potrebbe spuntare qualche soldino. Dopo alcuni giorni scompaiono anche i proprietari del carico. Il cemento è inutilizzabile perché la mancanza di aria condizionata e l’umidità lo hanno deteriorato. Non importa se Hammed è ancora a bordo e vive degli sforzi dei volontari di don Artur (il cappellano) e i volontari della Stella Maris di Civitavecchia. Non importa se quel cemento che “serviva” ora inficerà il valore della nave perché per toglierlo serviranno i martelli pneumatici. Non importa perché non vale più come la vita di quei due disperati rimasti a custodire la nave.
Intanto Krista comincia ad avere qualche problema per il suo diabete incipiente e Hammed si sente davvero inutile e debole di fronte a sua moglie. Lui, turco, vive questa situazione come una vera sciagura e fallimento personale per non essere in grado neppure di assistere sua moglie. Vorrebbe tornare almeno a casa ad abbracciare sua mamma che, nel frattempo, entra in ospedale per gravi motivi di salute ….. poi finalmente i due miracoli.
Il primo quello umano, il Comandante della Capitaneria di Porto, Piero Pelizzari, ritiene insostenibile questa situazione e, come da sempre fa la Guardia Costiera, comincia a insistere affinché i due possano tornare a casa. Ha dovuto metterci del suo con i suoi e si espone anche personalmente per ottenere, finalmente, la nomina di un altro custode della nave, una società del posto, e, finalmente il rilascio dei documenti dei due marittimi-coniugi.
La mattina stessa di questa importante prova di solidarietà della Capitaneria e delle altre autorità coinvolte, Krista sta male. La portiamo in ospedale e pensiamo che sia una ricaduta del suo diabete. Il medico ci assicura che sta bene e che è incinta. Nella famiglia di Hammed fratelli e zii avevano problemi a concepire ed anche lui non era mai riuscito ad avere un figlio. Ora i due hanno lasciato questa brutta esperienza alle spalle e tornando a casa vogliono dare la bella notizia alla mamma in ospedale e prepararsi a questa nascita. Hammed dovrà cercarsi un lavoro subito e magari imbarcare di nuovo perché da almeno 12 mesi non ha ricevuto la paga. Gli abbiamo dato qualcosa ma è davvero poca cosa perché il nostro budget deve pensare agli altri 70 marittimi che, in questo momento, sono abbandonati nei porti italiani.
Chi poteva scommettere che anche nel cemento deteriorato di quella nave potesse germogliare un fiore di così rara bellezza?
Nessuno, neppure io, Grazie.
 
                Don Giacomo Martino
Direttore Nazionale dell’Apostolato del Mare e Aereo fondazione MIGRANTES della Conferenza Episcopale Italiana