TARQUINIA – Sabato 8 settembre, Natività della Beata Vergine Maria, nella suggestiva cornice fornita dalla splendida chiesa di san Francesco, S. E. Mons. Luigi Marrucci, Vescovo della Diocesi di Civitavecchia-Tarquinia, ha presieduto la solenne celebrazione durante la quale si è tenuta la professione temporanea di otto frati francescani dell’Immacolata.
Di seguito riportiamo l’omelia del Vescovo Marrucci.
‘Ecco la Vergine concepirà e darà alla luce un figlio:
a lui sarà dato il nome di Emmanuele, che significa Dio con noi’ (Mt 1,23).
Carissimi amici, la festa della Natività della Beata Vergine Maria ci riunisce in assemblea liturgica per celebrare l’Eucaristia, il rendimento di grazie al Signore, per le meraviglie che compie quotidianamente in noi, nella chiesa, nel mondo.
Nella celebrazione è inserita anche la professione temporanea di otto nostri fratelli, i ‘Francescani dell’Immacolata’ che saluto cordialmente, ad iniziare dai Padri Stefano e Gabriele, superiore e vicario generale dell’Istituto religioso. Grazie a Padre Berardo; grazie dell’invito e della vostra cordialità.
La Parola di Dio, ogni volta che viene proclamata, è sempre abbondante. Occorre per la nostra riflessione fare una scelta, per cui riprendo alcuni passaggi del Vangelo di Matteo perché risuonino come annuncio, ci permettano un approfondimento, ci aiutino a trasfigurare la vita e ci introducano nel mistero nuziale del rendimento di grazie.
L’evangelo di Matteo inizia con queste parole: ‘Genealogia (= Libro della Genesi) di Gesù Cristo (= Messia), figlio di David, figlio di Abramo’ (Mt 1,1).
Poi attraverso tre periodi è elencata una successione di nomi paterni, da cui discende Gesù.
Nel primo periodo – quello che da Abramo va alla deportazione in Babilonia – insieme alla successione tutta di ‘padri’ vengono elencate anche quattro ‘madri’.
Sono Tamar, Rachab, Rut, Betsabea e, se l’evangelista le inserisce nell’elenco, un motivo ci deve essere. Infatti le quattro donne sono straniere, cioè pagane, e concepiscono i loro figli fuori dal comportamento e dagli schemi normali.
Tamar, una cananea vedova, si finge prostituta per avere una discendenza da Giuda
(Gn 38,1-30);
Rachab, famosa prostituta di Gerico, fa alleanza con gli esploratori israeliti e li aiuta ad entrare nella Terra Promessa, professando la loro fede in un Dio che libera e salva (Gs 2,1-21);
Betsabea, una ittita, moglie di Uria, è sedotta dal re David, che si unisce a lei commettendo il duplice peccato di adulterio e di omicidio (2 Sam 11,1-27);
infine Rut, la moabita, vedova povera, sceglie di rimanere con la suocera Noemi aderendo al popolo di Dio. Consigliata dalla suocera, passa la notte insieme a Booz, obbligandolo ad osservare la legge del Levirato per dargli un figlio. (La legge, codificata nel libro del Deuteronomio – Dt 25,5-10 – stabiliva che il fratello del defunto, desse una discendenza allo scomparso).
Quello che le quattro donne hanno in comune è frutto di una unione irregolare, segnata dal peccato, comunque da una trasgressione della legge che, tuttavia, si rivela provvidenziale, perché è servita a realizzare il piano di Dio relativo alla discendenza messianica.
Lutero commenta così questa somma di irregolarità: ‘Questo avvenne perché Cristo doveva essere il Salvatore anche degli stranieri, cioè dei pagani’.
Nonostante la loro debolezza, queste donne sono strumento dello Spirito di Dio nella storia della salvezza.
Matteo, alla fine della narrazione, introduce la quinta figura femminile: la Vergine Maria,
sposa di Giuseppe ‘dalla quale fu generato Gesù, Colui che è chiamato Cristo’.
Cari confratelli nel sacerdozio e cari amici professandi la vostra donazione al Signore e alla Sua Madre Immacolata: anche la nostra vita si dibatte tra ‘prostituzione’ e ‘fedeltà’, tra ‘peccato’ e ‘grazia’.
Siamo combattuti tra ciò che è ‘esterno’ e ciò che è ‘intimo’ come ci ricordava il Vangelo di Marco domenica scorsa, XXII del Tempo Ordinario, (Mc 7,1-8.14-15.21-23); la misteriosa correlazione dell’intimo con l’esterno e ciò che rende l’uomo impuro, quello che lo contamina e quello che è puro.
Gli idoli che ci circuiscono, ad iniziare dal nostro ‘io’ mai conculcato, prendono forza in noi.
Possiamo ripetere con l’apostolo Paolo: ‘Io so infatti che in me, cioè nella mia carne, non abita il bene: in me c’è il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo; infatti io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio. Ora, se faccio quello che non voglio, non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me’. (Rm 7,18-20).
La legge vissuta per se stessa è vincolo, schiavitù, ci toglie la libertà; ma animata dallo Spirito è gioia, è regalo e dono di Dio. E’ vicinanza di Dio. E’ presenza del Signore in noi!
Il Santo Padre Benedetto XVI nel Concistoro dello scorso febbraio poneva una serie di antinomie che interrogano l’uomo e la società odierna: ‘Dominio e servizio, egoismo e altruismo, possesso e dono, interesse e gratuità’; queste logiche profondamente contrastanti, si confrontano in ogni tempo e in ogni luogo, ci interpellano e ci stimolano ad una riforma interiore della nostra esistenza di consacrati.
Il primato consiste allora nella nostra vita umile, trasparente, sostenuta da una fede incrollabile, spesa in un servizio disinteressato, come la Vergine Maria, a cui ci consacriamo o rinnoviamo l’atto di affidamento totale, perché quanti sono nella Chiesa o che stanno al margine di essa, parlino non tanto del nostro ‘fare’ quanto del nostro ‘essere’.
Se la nostra vita esprime Lui, se il nostro essere è unito a Cristo nel ‘con-camminare’ e nel ‘con-vivere’ con Lui, allora siamo sua trasparenza; altrimenti diventiamo esecutori sterili di una legge che, a lungo andare, porta solo morte. In Lui invece c’è vita, c’è verità!
Questo essere, cari giovani che oggi emettete la vostra professione nelle mani di Padre Stefano, vostro padre e superiore, diventi calamita che attrae tanti altri giovani a Gesù Cristo per seguirlo nella via della consacrazione illimitata all’Immacolata, nella castità, nella povertà, nell’obbedienza.
Ripetete con gioia, sull’esempio e insieme a Maria Immacolata il ‘sì’ nuziale dello sposo alla sua sposa, liberamente, mossi dallo Spirito Santo che vive in voi, per concepire, con la vostra adesione, il Figlio di Dio fatto carne nella vostra esistenza.
Come è stato il ‘sì’ per Maria, sarà anche per voi atto umano e divino; umano per natura, divino per grazia.
‘E camminando nella fede, come Maria, anzi ‘progredendo nella fede’ – ci ricorda la costituzione dogmatica del Concilio Vaticano II – possiate crescere e perfezionarvi nella via della santità’ (Lumen Gentium, 58). Così sia.