Ci attende un Primo Maggio che vede il lavoro ancora fortemente segnato dalla crisi presente e da prospettive future incerte. Dopo oltre un anno in cui l’emergenza sanitaria ha messo in crisi le nostre sitante sicurezze, questa ricorrenza ci ricorda che il valore del lavoro non è legato solamente agli aspetti economici ma è della dignità essenziale di ogni persona, come insegna la Dottrina sociale della Chiesa.
Come ci ricordano i vescovi italiani nel loro messaggio “«E al popolo stava a cuore il lavoro» (Ne 3,38). Abitare una nuova stagione economico-sociale”, la situazione che stiamo vivendo ha evidenziato i limiti del nostro sistema economico, acuito le disuguaglianze, accentuato le forme di sfruttamento, e quando verrà meno il blocco dei licenziamenti la situazione diventerà realmente insostenibile.
La voglia di ripartire è tanta, ma richiederà un surplus di solidarietà, di impegno per il bene comune, di rinnovato spirito comunitario. Altrimenti, come ha detto Papa Francesco, «peggio di questa crisi c’è solo il rischio di sprecarla».
Certo, fa rabbia vedere che i diritti del lavoro, che abbiamo esercitato e insegnato a tutti, proprio nel nostro Paese sono oggi quotidianamente erosi, e ancor più indigna pensare che possa esserci chi ha pensato di approfittare dell’emergenza sanitaria per arricchirsi in maniera fraudolenta.
La prossima Settimana sociale dei cattolici italiani prevista per ottobre a Taranto, profeticamente ospitata da una città fortemente ferita, potrà essere un’occasione ulteriore di riflessione e proposta. Nell’instrumentum laboris si legge che ci è chiesto di convertirci “dalla centralità della produzione a quella della generazione”, nel senso che l’attività produttiva non può essere slegata dal legame col territorio e con le future generazioni.
Ma già papa Francesco, nell’enciclica Fratelli tutti sottolinea che: «la fraternità illumina anche i luoghi di lavoro, che sono esperienze di comunità e di condivisione” e che “in tempo di crisi la fraternità è tanto più necessaria perché si trasforma in solidarietà con chi rischia di rimanere fuori dalla società».
La Festa di San Giuseppe lavoratore, ci ricordano ancora i vescovi, deve essere una spinta a vincere la rassegnazione, a curare le ferite del nostro territorio ma anche a evidenziarne le potenzialità.
In quest’ottica l’Ufficio per la pastorale sociale e del lavoro della Diocesi promuove una veglia di preghiera martedì 4 maggio, alle ore 19, presso la Cattedrale di Civitavecchia.
Durante la preghiera – che sarà presieduta dal vescovo Gianrico Ruzza – vi sarà la relazione di Liliana Ocmin, responsabile nazionale Donne della CISL, che si soffermerà sul tema dei diritti dei lavoratori al tempo del Covid-19, in modo particolare le donne e gli immigrati. Nella veglia ci saranno anche le testimonianze di un giovane cassaintegrato e di un imprenditore di Civitavecchia duramente colpiti dalla crisi economica.
Ufficio per la pastorale sociale e del lavoro