Più di 2mila ore con i videogames, 40mila email, 2mila ore al cellulare, 4mila ore davanti alla televisione guardando almeno 100mila spot pubblicitari. È questa, ogni anno, la “dieta mediale” di un giovane che il teologo padre Paolo Benanti, nel corso del convegno diocesano dello scorso 8 ottobre, ha definito «nuova frontiera dell’evangelizzazione». Partendo dalla relazione del religioso francescano esperto dei nuovi media, sabato 10 ottobre si sono riuniti i Laboratori di studio nelle due zone pastorali di Civitavecchia e Tarquinia. Oltre 90 partecipanti, suddivisi in quattro gruppi per ogni zona, hanno discusso sui giovani e su come le comunità cristiane possano “uscire” concretamente e “abitare”, con intelligenza d’amore, i loro spazi di vita quotidiana ma anche e soprattutto la loro “cultura”.
Secondo don Federico Boccacci, vicario episcopale per la pastorale, «la riflessione di padre Benanti è stata efficace, coinvolgente e illuminante dal punto di vista metodologico e dei contenuti. Una sollecitazione importante, sulla cultura e sulle modalità comunicative dei giovani, che ha permesso ai Laboratori di impostare il lavoro in un’ottica originale e molto attuale».
Il sacerdote, che ha coordinato l’organizzazione del convegno, si dice soddisfatto anche dello “strumento” laboratorio «che funziona bene ma deve ancora sviluppare appieno le sue potenzialità per coinvolgere i laici nella programmazione pastorale della diocesi». Spiega infatti don Boccacci che «è la terza esperienza nell’arco di un anno per questi gruppi, riuniti però con delegati e animatori differenti, e rappresentano un bel momento di Chiesa di cui vedremo i frutti nella redazione delle “Indicazioni Pastorali” che il vescovo proclamerà prossimamente».
I laboratori erano suddivisi in base alle fasce di età del mondo giovanile (11-14 anni, 15-18 anni, 19-25 anni, 26-35 anni) corrispondenti a una determinata fase esistenziale e affettiva con peculiari esigenze educative e pastorali.
«Ci si è confrontati sulle non poche criticità presenti in ambito pastorale ma orientati alla ricerca di soluzioni e con spirito propositivo» spiega Giuseppe Mancuso, che ha animato uno dei laboratori sui giovani-adulti. «Credo – continua Mancuso – che queste siano occasioni preziose per crescere come Chiesa locale e allo stesso tempo come Chiesa universale. Infatti in questa esperienza una forte ispirazione e guida è venuta dall’esortazione apostolica Evangelii Gaudium in cui sono presenti tante sollecitazioni al rinnovamento pastorale. Sono state comunque condivise esperienze e buone prassi di vario genere, proposte entro e al di fuori della nostra diocesi che diversi partecipanti hanno avuto modo di vivere o conoscere».
Un laboratorio «con i giovani per i giovani» è stato quello che ha riguardato i gruppi 18-25 anni in cui i partecipanti erano soprattutto gli animatori di pastorale giovanile. «Dopo una prima analisi che ha evidenziato quanto poco si faccia e quanto sia difficile intercettare e avvicinare i giovani di questa età – spiega Raffaela Bagnati -, è stato fatto presente che i giovani hanno bisogno di sentirsi protagonisti della vita, hanno bisogno di essere ascoltati e di essere formati ad affrontare il futuro che li attende». Per la coordinatrice «è necessario avvicinarli nei luoghi che frequentano – università, scuole, gruppi, ambienti sportivi – o dove comunemente trascorrono il loro tempo libero. Occorre anche utilizzare i linguaggi che più privilegiano: social network, musica, cinema, sport. La comunità deve aiutarli a discernere i campi della loro vocazione professionale, politica, famigliare, di uomini e donne che sappiano dare un senso alla loro vita. Occorre, insomma, mettere in campo la creatività di tutti rompendo i vecchi schemi finora usati e trovare il modo concreto di “abitare” in mezzo a loro».
Di veri e propri tabù parla invece Suor Claudia Percussi, anche lei animatrice di uno dei gruppi che si è confrontato con l’età dell’adolescenza: «abbiamo timore di dialogare con i ragazzi, di parlare della loro realtà, della scoperta della sessualità, con linguaggi che non creino barriere». Per la religiosa «è emerso chiaramente che dobbiamo prepararci meglio per conoscere il loro modo di comunicare. Alcuni dei partecipanti – genitori e catechisti – hanno chiesto che vengano effettuati dei corsi di formazione sui social media». Per Chiara Cesarini, anch’essa animatrice «è importante che siano i giovani ad andare incontro ai loro coetanei con gli adulti pronti ad aiutarli a creare dei “contesti” in cui condividere un sano divertimento e porsi in ascolto».