Quando si parte per un pellegrinaggio ognuno porta con sé dubbi, sofferenze, volti di persone care per cui pregare, situazioni difficili da presentare; nella speranza di trovare, in quel viaggio, risposte certe, di incontrare qualcuno, di poter toccare con mano “qualcosa di grande”. In realtà, il viaggio stesso è il primo passo verso il cambiamento, verso quella conversione di cui spesso ci parlano i nostri sacerdoti. Non si torna mai da un viaggio uguali a come si è partiti, tanto meno da un pellegrinaggio.
La settimana scorsa, dal 15 al 18 giugno, un numeroso gruppo della nostra diocesi, oltre 150 persone tra cui 12 sacerdoti, si è recato a Torino per venerare la Sacra Sindone, visitare i luoghi che hanno caratterizzato la vita e l’opera di Don Bosco e pregare nei santuari mariani dell’Ausiliatrice, della Consolata e nella Basilica di Superga.
Il primo grande appuntamento è stato a Colle Don Bosco, dove il sacerdote amico dei giovani è nato e ha vissuto i suoi primi anni, quelli “del sogno”. Subito salta agli occhi la povertà e la semplicità che caratterizza questi luoghi nei quali il piccolo Giovanni ha iniziato a sperimentare l’intimità e la tenerezza dell’essere figli di Dio. «Per essere padri spiritualmente bisogna prima aver sperimentato la figliolanza divina, che dona la gioia nel cuore, perché l’educazione è cosa del cuore». Con queste parole, durante la celebrazione eucaristica alla chiesa inferiore, il vescovo Luigi Marrucci ha aperto il pellegrinaggio ricordando il Santo nel suo bicentenario della nascita.
Il giorno seguente abbiamo visitato il quartiere di Valdocco dove don Bosco ha trovato la prima sede stabile per il suo Oratorio, fino ad allora pellegrino per le campagne torinesi. L’opera è immensa e risuona continuamente delle voci dei sacerdoti, delle suore, dei volontari e di tutti i pellegrini grandi e piccoli che vi si recano in visita, in un filo ininterrotto di allegria e preghiera che dal 1846 ad oggi non ha mai trovato sosta. Visitiamo anche il Santuario di Maria Ausiliatrice, fatto costruire da don Bosco nel 1864 in onore della mamma celeste sempre presente nella sua vita e nelle sue opere. È la prima delle tappe mariane del nostro viaggio, che il vescovo Marrucci ha inserito tra le iniziative dell’anno mariano diocesano.
Nel pomeriggio ci spostiamo al Duomo di Torino per venerare la Sacra Sindone e l’emozione e la commozione sono davvero grandi. Trovarsi di fronte a quel telo, ha sottolineato monsignor Marrucci, «ci ricorda la tenerezza di Dio che ci avvolge e ci richiama al nostro impegno di avvolgere, con la stessa tenerezza, la carne di Dio». È un’esperienza difficile da raccontare, che impregna il cuore e piega le ginocchia nel silenzio e nella contemplazione.
Il terzo giorno siamo al Santuario della Consolata, meravigliosa basilica in stile barocco dedicata alla Vergine Maria della Consolazione, patrona della città di Torino. Qui, come fatto nei giorni precedenti, celebriamo l’Eucarestia per poi dirigerci nel pomeriggio alla Basilica di Superga. «La vocazione dei cristiani – ha detto il vescovo durante l’omelia – è essere consolati per consolare, innamorati per far innamorare di Cristo, fedeli per aiutare ad essere discepoli fedeli». Contemplare Maria è riflettersi nell’Amore dal quale tutto nasce e che è aiuto e consolazione per la vita quotidiana.
L’ultimo giorno si riparte per tornare a casa ma prima facciamo una sosta a Lucca per visitare la Basilica del Santo Volto.
Il viaggio volge così al termine, breve ma ricco di grazia, quella grazia che sprigiona dal volto misericordioso di Gesù, riecheggia nel cuore di Maria e impregna la vita dei santi fino a giungere ad ognuno di noi avvolgendoci in “Un Amore più Grande”. (Chiara Cesarini)