“Maria, la prima discepola e missionaria del suo Figlio”

Lettera pastorale del vescovo Marrucci per l'Anno Mariano

Cari amici nel sacerdozio ministeriale e battesimale,
la lettera che normalmente vi indirizzavo in occasione della Quaresima-Pasqua, quest’anno vi giunge nel tempo pasquale. Il motivo è l’Anno Mariano diocesano iniziato il 25 marzo scorso nella solennità dell’Annunciazione del Signore e che, nel maggio, trova il mese tradizionalmente dedicato alla Vergine Maria.
L’icona mariana che desidero proporvi è quella della visita di Maria alla cugina Elisabetta (Lc 1,39-56), la cui festa si colloca all’ultimo giorno di maggio. Maria ha accolto il messaggio di Dio comunicatole dall’Angelo Gabriele ed ha iniziato il suo “pellegrinare nella fede” pronunciando  il suo “eccomi”, la sua disponibilità ad accogliere il progetto di Dio in lei. E subito si mette in cammino dalla Galilea verso la Giudea per raggiungere il villaggio dove abitano Zaccaria ed Elisabetta e servire la cugina, prossima a dare alla luce Giovanni, il precursore di Gesù. Accolto il Figlio di Dio, fattosi uomo in lei, Maria va incontro ad Elisabetta, che si trova nel bisogno, per aiutarla nelle sue necessità.
La Vergine Maria si presenta come la prima discepola-missionaria del suo Figlio: a Nazareth ha accolto Gesù – Vangelo del Padre – per poi mettersi in viaggio per testimoniarlo. E nella Galilea delle genti tutti sono inviati come discepoli-missionari: “E’ risorto dai morti, ed ecco, vi precede in Galilea; là lo vedrete” (Mt 28,7).
L’unione intima a Cristo nella sua condizione di madre dilata lo spazio del suo servizio missionario; afferrata da Cristo e conquistata dal suo amore, ne diviene il più fedele riflesso.  
Gli scritti neotestamentari che riferiscono di Maria sono pochi e gli episodi in cui parla, ancora meno; tuttavia è sempre vicina al Figlio e, dopo l’ascensione, rimane nel Cenacolo con i discepoli del Figlio, in attesa dello Spirito Santo. Nei momenti principali della vita di Gesù e alla nascita della Chiesa, con la Pentecoste, Ella è presente.
Lungo i secoli, alcuni concili e interventi del Magistero hanno definito o illustrato vari aspetti della mariologia ed hanno orientato il culto e la pietà mariana. Ma il salto qualitativo e il passaggio da una teologia di “privilegi” ad una teologia mariana impostata a partire dalla prospettiva della storia della salvezza, l’ha compiuto il Concilio Ecumenico Vaticano II.  
Infatti, dopo aver accantonato il primo e il secondo schema su Maria, preparato dalla Commissione,  l’intervento del Papa Paolo VI fu risolutivo e orientò i Padri conciliari ad inserire la dottrina mariana nel contesto del Mistero di Cristo e della Chiesa. Così il 21 novembre 1964, al termine della terza sessione del Concilio, fu approvata la costituzione dogmatica sulla Chiesa,  Lumen Gentium la quale, al capitolo ottavo, contiene il trattato sulla Beata Vergine Maria.
La dottrina su Maria ruota intorno a due assi fondamentali: Cristo e la Chiesa.
Maria appare come Madre del Salvatore e serva del Signore, associata attivamente all’opera redentrice dell’unico Mediatore tra Dio e gli uomini, in totale e assoluta dipendenza da lui.
Inoltre Maria appare nell’esercizio della sua funzione materna riguardo alla comunità ecclesiale, della quale è figura e modello di virtù.    
Cristo e la Chiesa: lui l’immagine personale di Dio Salvatore e la Chiesa, icona di Colei che è modello dell’umanità salvata.       
 
Gesù Cristo, Figlio di Dio
Inizia così il Vangelo di Marco che la Chiesa ci propone in questo anno liturgico.
E’ Gesù la “lieta notizia” (= euanghelion, vangelo) che i discepoli-missionari del Risorto sono invitati a testimoniare. Gesù è l’oggetto dell’annuncio, il contenuto del vangelo da accogliere con fede, ma è anche il soggetto, l’evento che genera salvezza.
Un Gesù, Figlio di Dio, che Pietro, a nome dei dodici, proclama: “Tu sei il Cristo” (Mc 8,29) e che il centurione sotto la croce, a nome dell’umanità, dichiara: “Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!””(Mc 15,39).
Questo Gesù è l’uomo a cui Maria, con il suo “eccomi” a Dio, ha dato la natura umana:
Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio” (Lc 1,35).
Gesù è vero Dio e vero uomo. E’ l’atto di fede che la comunità cristiana, fin dai primi secoli, professa: “unigenito Figlio del Padre, generato non creato, della stessa divinità del Padre ( = consustanziale), eterno e immutabile” (Concilio di Nicea 325); “il Verbo, persona divina, è vero uomo in anima e corpo nato da Maria, ha patito, è morto ed è risorto: quindi è una sola persona e Maria è vera Madre di Dio” (Concilio di Efeso 431).
Pur rimanendo Dio, Gesù è entrato nella storia umana per vivere e morire da uomo, per pensare, volere, agire, sentire e soffrire come noi; “si è umiliato, non perdendo la natura di Dio, ma assumendo quella di servo” (Sant’Agostino, Discorsi 4,5).
Questo Gesù, Maria ha accolto in sé all’annuncio dell’angelo e lo dona alla sua parente Elisabetta e a tutti noi, suoi figli. Dopo l’evento decisivo per la storia dell’umanità, Maria non si ripiega su se stessa, ma si mette in cammino. La prima evangelizzata diventa anche la prima evangelizzatrice e proclama le meraviglie del Signore con il cantico di lode e l’amore servizievole.
Come accolgo e vivo il mistero dell’incarnazione del Figlio di Dio?
Come esprimo e testimonio la fede in Gesù Cristo?
Vivere il Vangelo mi apre al servizio di amore verso tutti?
Nelle scelte di vita e nel modo di vivere, manifesto la mia identità di credente?
 
Maria, Madre di Gesù e Madre della Chiesa
Maria è una donna con una storia personale, di cui il Nuovo Testamento ci espone alcuni tratti essenziali. Abita a Nazaret, città della Galilea, appartiene alla discendenza davidica, va in sposa a Giuseppe. Contempla le meraviglie che il Signore compie in lei, accogliendone i progetti e definendosi “serva del Signore” (Lc 1,38). Non sempre riesce a comprendere il suo figlio, sebbene lo segua con amore materno fino al Calvario. E dopo la sofferenza della croce si ritira in preghiera con la prima comunità cristiana per invocare lo Spirito Santo: “erano perseveranti e concordi nella preghiera, insieme ad alcune donne e a Maria, la madre di Gesù” (At 1,14).
Maria è presente nei momenti decisivi della vita di Gesù, quelli che segnano l’inizio, il compimento e la comunicazione della salvezza e che la Liturgia attualizza nelle celebrazioni del mistero del Natale, della Pasqua, della Pentecoste.
In lei, la Chiesa trova la sua prima e perfetta realizzazione “nell’ordine della fede, della carità e della perfetta unione con Cristo” (cfr Lumen Gentium, 63).
L’evangelista Luca presenta il dittico Maria-Chiesa come la nuova Gerusalemme (cfr Lc 1,26-28); il Vangelo di Giovanni ne proclama la maternità spirituale (cfr  Gv 19,26); l’Apocalisse le include nella figura della donna vestita di sole che genera il Cristo ed è assalita dal drago nel deserto (cfr Ap 12,1-17).
Maria è inserita nel mistero della Chiesa come in una perenne Pentecoste: “Non si può parlare di Chiesa, se non vi è presente Maria, la Madre del Signore” (San Cromazio di Aquileia, Discorsi 30,1).
In lei, ripiena di tutti i doni di Dio, risplende il mistero della Chiesa, anzi ne è il modello concreto. E’ vicina a Cristo suo Figlio, morente sulla croce, e con lui, per quella donazione di amore si avvicina ad ogni uomo. La maternità divina verso Cristo si dilata nella maternità universale. Per l’azione dello Spirito Santo, Maria diviene “per noi madre nell’ordine della grazia” per cooperare alla rigenerazione e alla formazione dei figli di Dio (cfr LG 61 e 63).  
Nell’assemblea immensa di quanti vivono in comunione con Cristo ha una posizione del tutto singolare la Vergine Maria, Madre del Signore e primizia della Chiesa, modello perfetto di vita cristiana e sostegno sicuro a chi è in cammino verso la patria celeste” (cfr CdA 756).
Si è cristiani nella misura in cui si è mariani” (B. Paolo VI).
 Come esprimo il mio amore verso la Madre di Dio?
L’esperienza di crescita nella fede di Maria, interroga la mia esperienza di fede a livello di vita personale, familiare e comunitaria?
Come Maria, l’incontro con Cristo e con i fratelli, mi apre alla lode e mi sprona al servizio?
 
La Chiesa, famiglia dei figli di Dio
La Chiesa nasce sulla croce: “uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue ed acqua” (Gv 19,34). Il sangue attesta la realtà del sacrificio dell’agnello offerto per la salvezza del mondo e l’acqua, simbolo dello Spirito, la sua fecondità. 
Molti Padri della Chiesa hanno letto nell’acqua il simbolo del Battesimo, nel sangue quello dell’Eucaristia e in questi due sacramenti il segno della Chiesa, nuova Eva, che nasce dal costato del  nuovo Adamo, Gesù Cristo.
Come Eva è stata formata dal costato di Adamo addormentato, così la Chiesa è nata dal cuore trafitto di Cristo morto sulla croce” (Sant’Ambrogio, Commento al vangelo di Luca).
La Chiesa poi troverà la sua visibilità il giorno di Pentecoste, quando lo Spirito Santo battezzerà gli apostoli, portando a compimento la promessa del Padre (cfr At 1,4-5). Gli Atti degli Apostoli ci descrivono le caratteristiche della prima comunità ecclesiale: “erano perseveranti nell’insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere” (At 2,42).
Inizia il tempo della Chiesa, tempo specifico nella storia della salvezza, in cui il Vangelo di Gesù viene diffuso e testimoniato “sino ai confini della terra” (At 1,8). 
Questo tempo della Chiesa, che va dalla Pasqua di Gesù alla Parusia, cioè al suo ritorno glorioso, è definito anche “regno di Dio” (cfr Mt 13,41ss), tempo in cui la “nazione santa” (1 Pt 2,9) è chiamata ad essere “sale della terra e luce del mondo” (cfr Mt 5,13).
La costituzione conciliare sulla Chiesa afferma: “ La Chiesa è in Cristo come sacramento, cioè segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano” (LG 1). La moltitudine dei credenti, che forma la Chiesa, manifesta il legame degli uomini con Dio ed è segno dell’unità del genere umano a cui tutti sono chiamati “da ogni nazione, tribù, popolo e lingua” (Ap 7,9).
La Chiesa è anche strumento di Cristo. Gesù Cristo si è a lei consegnato con i doni della redenzione – parola e sacramenti – (cfr LG 9) costituendola sacramento universale di salvezza (cfr LG 48)  perché, quanti sono generati dallo Spirito nel suo seno verginale mediante il Battesimo, formino l’unico corpo visibile del Signore Risorto (cfr LG 17).
Popolo sacerdotale, profetico e regale, la Chiesa, unico corpo di Cristo oggi visibile, è anche la sua sposa, amata fino a donare la vita per lei. Per questo, ogni comunità umana, ad iniziare dalla famiglia, è invitata a guardare alla Chiesa come modello di fraternità, di comunione, di donazione e icona di unità e di santità, nonostante le numerose ferite inflitte dai suoi figli lungo i secoli.
Il 21 novembre 1964 nel discorso conclusivo della terza sessione del Concilio Vaticano II il beato Paolo VI proclamava Maria Santissima “Madre della Chiesa”, era il coronamento alla costituzione dogmatica sulla Chiesa.
Pochi anni dopo, lo stesso Pontefice con l’esortazione apostolica Signum Magnum (13.05.1967) presentava il rapporto profondo che intercorre tra Maria e la Chiesa sottolineandone  la maternità spirituale per la comunità dei discepoli del Signore e di conseguenza l’ecclesialità del culto a Maria.
Quale immagine di Chiesa prevale in me?
Con quali segni e modi concreti rendo visibile il mistero di comunione che è la Chiesa?
Profitto dei Sacramenti, in particolare dell’Eucaristia e della Riconciliazione, per costruire la Chiesa una e santa?

Il culto mariano
Maria, nel mistero di Cristo e della Chiesa, ha una posizione del tutto singolare: è Madre del Figlio di Dio ed è Madre della Chiesa; coopera al mistero della salvezza compiuto da Gesù Cristo ed è vicina, con la sua intercessione e con la sua azione, alle necessità di tutti gli uomini.
Perciò la venerazione che la Chiesa offre a Maria è una venerazione speciale ( = iperdulia), superiore a quella attribuita alle altre creature celesti e terrestri (LG 53); mentre a Gesù Cristo è riservata l’adorazione ( = culto di latria) e ai santi si deve semplice venerazione ( = dulia).
Il Concilio Vaticano II insegna che la vera devozione non ha niente a che fare con la curiosità, la vana credulità, il miracolismo, il superficiale sentimentalismo e il formalismo delle pratiche esteriori; consiste piuttosto nel riconoscere la singolare dignità di Maria, nel rivolgersi a lei con fiducia e amore filiale, nell’imitare le sue virtù, per seguire Cristo insieme con lei (LG 67). “Onorare e non imitare, ci ripete sant’Agostino, altro non è che bugiarda adulazione”.
Maria vuole essere nostro modello, vuole aiutare i suoi figli a crescere nella maturità di Cristo, a possedere una fede coraggiosa, a fare dono di sé, a vivere gioiosamente il proprio battesimo con coerenza evangelica.
L’esortazione apostolica Marialis Cultus (2.02.1974) del beato Paolo VI  propone Maria come modello di atteggiamento spirituale con cui ogni membro della Chiesa è chiamato a celebrare e vivere i divini misteri. E della beata Vergine Maria vengono offerte quattro icone:
è la Vergine in ascolto: accoglie con fede il disegno di Dio su di lei (MC 17);
è la Vergine in preghiera: nella visita alla madre del Precursore canta il Magnificat, a Cana  di fronte alle necessità implora l’intervento del Figlio, nel Cenacolo insieme agli apostoli e ad alcune donne attende il dono dello Spirito Santo (MC18);
è la Vergine Madre: avvolta dallo Spirito Santo genera il Figlio di Dio (LG 63) divenendo  tipo e modello della fecondità della vergine Chiesa (MC19);
è la Vergine offerente: con la sua vita di fede e di obbedienza al Padre diviene immagine del sacrificio spirituale di tutta la Chiesa che la invoca Avvocata e Ausiliatrice, Madre di grazia e Regina di misericordia (MC 20-23).
La Marialis Cultus affronta anche i criteri per un rinnovamento del culto cristiano in ordine agli esercizi e alle pratiche di pietà mariane. Quattro sono gli orientamenti da tener presenti: quello biblico, liturgico, ecumenico, antropologico.
Si parte sempre dal primato della Parola di Dio, “avvertito come postulato della pietà cristiana” (MC 30) per giungere al cuore del culto cristiano che è l’azione liturgica: cioè la Celebrazione Eucaristica, quella degli altri Sacramenti e la Liturgia delle Ore. Tutte le altre forme di pietà e di devozione devono ispirarsi a questo culto, in modo che Maria appaia sempre unita a Cristo nei suoi misteri e coinvolta nel movimento di adorazione che Cristo, nello Spirito, fa salire al Padre  
(cfr MC 23-27).
L’orientamento ecumenico lo offre sempre la Sacra Scrittura: la Madre del Signore non può essere separata dall’azione di salvezza del Figlio, nonostante “le non lievi discordanze che esistono tra le varie confessioni circa il mistero di Cristo, il ministero della Chiesa e la funzione di Maria nell’opera della salvezza” (Decreto sull’Ecumenismo Unitatis Redintegratio 20).
Adeguata attenzione occorre dare all’aspetto antropologico e alle mutate condizioni e concezioni in cui vivono gli uomini di oggi, aiutandoli a liberarsi da una certa letteratura devozionale che non presenta la sincera venerazione della Madre di Dio e quindi offrire loro la verità della sua singolare missione accanto al Redentore e al popolo redento, di cui Ella è membro eletto (MC 34).
Tra tutte le forme di pietà raccomandate dal Magistero, l’esortazione apostolica richiama le due preghiere mariane per eccellenza: l’Angelus Domini e il Rosario.
La preghiera dell’Angelus Domini – da mantenere e raccomandare al mattino, a mezzogiorno e a sera – “ha una struttura semplice, il carattere biblico…l’apertura verso il mistero pasquale, per cui, mentre commemoriamo l’Incarnazione del Figlio di Dio, chiediamo di essere condotti per la sua passione e la sua croce alla gloria della risurrezione” (MC 41).
E’ una contemplazione del mistero dell’Incarnazione del Verbo, del saluto alla Vergine e del ricorso alla sua misericordiosa intercessione; è ricordarci che Gesù Cristo è il nuovo kairòs, tempo di grazia e spazio della misericordia di Dio per tutto il Popolo cristiano.
Il Santo Rosario o la Corona della Vergine Maria ha “un’indole evangelica, in quanto dal Vangelo trae l’enunciato dei misteri e le principali formule; al Vangelo si ispira per suggerire l’atteggiamento con cui il fedele deve recitarlo. Preghiera evangelica è, dunque, il Rosario, come oggi forse più che nel passato amano definirlo i pastori e gli studiosi” (MC 44).
San Giovanni Paolo II, nella lettera apostolica Rosarium Virginis Mariae (16.10.2002), afferma che il Rosario è una preghiera di meditazione: con Maria si contempla Gesù Cristo nei suoi misteri, i quali non sono solo eventi del passato, ma oggi attualizzano la salvezza per noi che siamo distanti nel tempo e nello spazio da quegli avvenimenti (RVM 13).
Il santo Pontefice, nella lettera, si ispira alla dottrina di San Luigi Maria Grignion de Montfort (1673-1716) presbitero francese, il quale spiega il ruolo di Maria nel processo di conformazione a Cristo di ogni cristiano: “Tutta la nostra perfezione consiste nell’essere conformi, uniti e consacrati a Gesù Cristo” (RVM 15).
Inoltre con Maria, che intercede maternamente, invita a supplicare Cristo memori delle sue parole “chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto” (Mt 7,7) e alla scuola di  Maria, ogni discepolo impari a plasmare il suo cuore secondo il cuore di Cristo (RVM 17).
Per questo il Santo Rosario può definirsi “compendio del vangelo”, “preghiera evangelica” da farsi nell’esperienza del silenzio e della contemplazione.
Ai tradizionali misteri della gioia, del dolore e della gloria infine san Giovanni Paolo II aggiunge quelli della luce. Il mistero di Cristo, nella sua pienezza, è mistero luminoso e attraente (RVM 21): “Io sono la luce del mondo” (Gv 8,12).
La devozione e il culto alla Vergine Maria mi aiutano a crescere in Gesù Cristo?
Come valorizzo la pietà mariana per un autentico cammino ecclesiale?
Nutro quotidianamente il mio amore filiale a Maria con le preghiere dell’Angelus e il Rosario?
Sono una persona che ama fare molte devozioni oppure ama vivere la preghiera?
Non è forse fissando il nostro sguardo in questa donna umile, nostra sorella e insieme celeste nostra madre e regina, specchio nitido e sacro dell’infinita bellezza, che può terminare la nostra spirituale ascensione conciliare e questo saluto finale? Questa bellezza di Maria Immacolata non diventa per noi un modello ispiratore?
Noi riponiamo la nostra fiducia in Colei che abbiamo avuto la gioia di proclamare Madre della Chiesa”. Così il beato Paolo VI al termine del Concilio Ecumenico Vaticano II (8.12.1965).
Ci aiuti Maria Santissima, venerata con diversi titoli nelle nostre comunità ecclesiali e ci conduca a Gesù, Carità incarnata, nel cui nome tutti benedico e vi abbraccio,
 
+ don Luigi, vescovo
 
Civitavecchia, 20 aprile 2015 – memoria della Beata Vergine della Pietà