La sintesi della fase narrativa del cammino sinodale

L’ascolto di due anni «delle ansie, delle angosce, delle gioie e delle speranze del popolo di Dio». È questa l’esperienza che la Chiesa di Civitavecchia-Tarquinia ha comunicato con la relazione del cammino sinodale.

Il documento, predisposto dalla Commissione diocesana del sinodo, è disponibile anche nella versione stampabile.

Introduzione

Nel corso dei due anni della fase narrativa del Sinodo, la Chiesa di Civitavecchia-Tarquinia si è intensamente e con costanza impegnata nell’ascolto delle ansie, delle angosce, delle gioie e delle speranze del popolo di Dio. Essa ha potuto così riscoprire il profumo di umanità, di bellezza, di autenticità in quelle periferie esistenziali che prima del Sinodo erano rimaste inesplorate.

È stata così propiziata una estroversione, una uscita verso il mondo che ha permesso di conoscere carismi, esperienze, iniziative originali che il cammino sinodale ha fatto risuonare meglio dentro la vita diocesana, valorizzandole non come voci isolate ma come parte di un coro, in armonia con le altre. Uno sguardo rigoroso ma sereno ai limiti, ai difetti, alle potenzialità inespresse della comunità ecclesiale ha consentito di meglio orientare i passi del cammino, individuando priorità ed esigenze per discernere le risorse e annunciare in modo più efficace, ma soprattutto più credibile, la gioia del Vangelo.

Ne è scaturita una maggiore consapevolezza degli spazi e delle modalità di presenza della Chiesa dentro la comunità degli uomini e delle donne del nostro tempo. Proprio nell’ascolto di differenti realtà ed esperienze si è intuita l’urgenza di recuperare un’autorevolezza ecclesiale non più in virtù di vincoli tradizionali o di reverenza istituzionale, ma in virtù del dialogo, della compagnia fraterna, della solidarietà con tutti e specialmente con gli ultimi. È stato, dunque, anzitutto un cambiamento di stile, di presenza: il tentativo di prendere con umiltà la parola dentro un discorso pubblico complesso e plurale, con argomentazioni chiare e comprensibili, anzitutto per ridare voce a chi, dalla Chiesa, per troppo tempo ha ascoltato o atteso giudizi severi, invece della carezza di misericordia e del silenzio che è preghiera.

In poche righe si proverà a documentare l’itinerario sin qui percorso. Per articolare meglio la riflessione e tracciare un bilancio più chiaro, ci si sofferma sulle esperienze e sulle considerazioni emerse in particolare nei quattro cantieri realizzati a livello diocesano. La sintesi si affida quindi a quattro immagini della Chiesa diocesana che il Sinodo ha permesso di riscoprire e di focalizzare e che i partecipanti alle molteplici iniziative hanno detto di desiderare. Immagini ben delineate nei loro contorni e che il cammino sinodale, nella sua fase successiva, cercherà di fissare ancor meglio, per orientare in modo coraggioso l’evangelizzazione e la missione.

La carezza dell’ascolto: una Chiesa vigile e presente nel mondo

La fase narrativa del Sinodo è stata ispirata principalmente dal desiderio e dal bisogno di dare testimonianza e dalla necessità di investire sulle relazioni il grande patrimonio umano delle comunità parrocchiali e delle associazioni ecclesiali che formano la famiglia diocesana. Il confronto con ambienti e categorie a volte anche lontani dal vissuto ecclesiale, grazie al metodo della conversazione spirituale, accogliendo la sfida di misurarsi con la diversità di linguaggi, ha fatto emergere un reciproco desiderio di confronto e di collaborazione con realtà esistenziali e luoghi concreti di vita, finalizzato alla promozione sociale nel territorio. Il modello è Gesù che, nella sua vita terrena, non ha evitato i villaggi, ma insieme al gruppo dei discepoli li ha attraversati, incontrando persone di ogni condizione. Sulle strade e nei villaggi il Signore ha predicato, guarito, consolato; ha incontrato gente di tutti i tipi, e non si è mai sottratto all’ascolto, al dialogo e alla prossimità.

Il Sinodo ha ascoltato gli amministratori pubblici, i rappresentanti delle associazioni, delle categorie produttive e delle organizzazioni sindacali, gli esponenti del mondo agricolo. Nel corso dei vari incontri sono state messe a tema le criticità e le potenzialità del territorio. I convenuti, nel manifestare apprezzamento per aver avuto l’opportunità di confrontarsi tutti insieme su questioni di scenario e non su singole emergenze, hanno espresso il desiderio di ripetere l’esperienza avendo maggior tempo a disposizione. Cogliendo questa esigenza sono state realizzate riunioni periodiche su singole tematiche, avviando un confronto foriero di ulteriori sviluppi, mettendo a fattore comune i dati e gli studi elaborati dai diversi soggetti, al fine di creare una rete virtuosa di collaborazioni finalizzata a sviluppate le tante potenzialità inespresse. Dalle criticità sono lentamente emerse inedite ragioni di speranza, a partire da temi quali la valorizzazione culturale e turistica, la transizione energetica, il rilancio delle attività imprenditoriali.

Tutte queste occasioni di incontro hanno confermato il ruolo di promozione sociale che la comunità ecclesiale può svolgere, animando un fattivo dialogo tra soggetti solitamente in contrapposizione tra loro, nel rispetto delle specifiche competenze. Altri incontri, con le compagnie teatrali e le scuole di danza, con il mondo degli artisti e con le società sportive, hanno aperto ulteriori canali di comunicazione con esperienze che hanno un rapporto privilegiato, in particolare, con le giovani generazioni. Il confronto ha soprattutto evidenziato il ruolo educativo che queste esperienze possono svolgere per sviluppare il senso di comunità e le reciproche esperienze educative.

Il calore della comunità: una Chiesa accogliente che vive ciò che celebra

I protagonisti del confronto che ha segnato il cammino sinodale sono stati soprattutto i responsabili della pastorale e dei cammini di fede, che hanno avuto molteplici occasioni per riflettere su limiti e potenzialità delle comunità parrocchiali e delle associazioni. La priorità che la fase narrativa ha fatto emergere è l’urgenza di riscoprire all’interno della comunità il dono dell’ospitalità e della fraternità, il calore della famiglia, il senso del coinvolgimento profondo e personale, della comunione intesa come relazione cordiale che consente di superare le difficoltà e di lenire le ferite della vita, dando uguale attenzione a ognuno.

L’accoglienza di ciascuno è perciò l’obiettivo che ogni realtà parrocchiale dovrebbe porsi. Affiora così il grande significato della soglia, della porta – non solo in senso fisico – della chiesa, intesa come luogo presso il quale abbracciare i fratelli e le sorelle che vi entrano, ma anche sul quale congedarsi per proseguire l’eucaristia, il rendimento di grazie e l’annunzio del Vangelo per le tante strade del mondo, per realizzare la Chiesa in uscita profetizzata da papa Francesco.

Per questo motivo la semplicità dei gesti, la sobrietà e la coerenza dei comportamenti, il significato del silenzio sono tutte coordinate importanti per orientare un agire all’interno della comunità che ne testimoni il significato all’esterno e possa affascinare chi partecipa alla vita della Chiesa per abitudine e senza alcun coinvolgimento personale.

Il desiderio di quanti hanno partecipato alla fase narrativa del Sinodo è quello di convogliare energie e carismi per costruire sempre più e sempre meglio una comunità – diocesana e parrocchiale – i membri della quale gareggino a stimarsi a vicenda e aspirino a divenire un cuor solo e un’anima sola. La Parola di Dio e la liturgia sono le basi irrinunciabili di questo edificio.

La liturgia non può più essere lasciata all’improvvisazione. Urge una cura scrupolosa e consapevole del rito che recuperi la semplicità dei gesti, dei movimenti, delle parole, degli spazi celebrativi, delle vesti sacre, della musica e dei canti, da cui emerga l’opera di Dio e la bellezza dell’attualizzazione dei gesti del Signore Gesù. Le celebrazioni necessitano di sobrietà, di creatività e di semplicità al fine di lasciare a Dio la libertà di parlare e di raggiungere gli uomini e le donne di oggi. La bellezza deve lasciar trasparire la presenza di Cristo al centro delle celebrazioni, deve lasciar percepire contemplazione, adorazione, gratuità e rendimento di grazie. La via perché la Chiesa torni credibile agli occhi del mondo passa dunque anzitutto dall’impegno che mette nel curare e valorizzare quanto ha di più sacro e significativo, così che la Grazia possa toccare attraverso la nobile bellezza del rito, correttamente inteso e celebrato in modo fervoroso da tutti, il cuore dei fedeli.

Allo stesso tempo il cammino sinodale ha affermato con forza che la Parola di Dio non ammette più trascuratezze di alcun genere da parte di tutti i membri della comunità, della quale è indispensabile nutrimento. Per questo motivo viene chiesto in modo unanime che i presbiteri tengano omelie essenziali, perspicue e radicate esclusivamente nella Parola, aiutando a sprigionarne tutta l’efficacia nella vita dei credenti; l’esperienza della lectio divina svolta in molte realtà consente di riconoscere il valore aggiunto di una condivisione spirituale che fa percepire il valore costante e concreto del cammino fatto insieme. La forza delle parrocchie e delle associazioni trae linfa anche da un approfondimento della Parola, fatta risuonare dai laici nei loro campi molteplici di impegno, per lasciarsi interpellare dall’incontro con Cristo. Riunirsi per confrontarsi e condividere il vissuto cristiano alla luce della Parola nella quotidianità può dunque contribuire per rendere ancora più viva e vivace la testimonianza a chiunque si incontra.

La diaconia della testimonianza: una Chiesa esigente con sé stessa

La partecipazione costante, consapevole e responsabile dei laici nella vita delle parrocchie è emersa dal Sinodo, in modo unanime, come un ormai indispensabile motivo di valorizzazione – se non di sopravvivenza – delle comunità parrocchiali. Questo richiede una formazione attenta e accurata, che non sia mai disgiunta all’indole loro propria, che è quella della testimonianza di una vita cristiana in grado di ordinare le cose del mondo secondo Dio, prima che dell’espletamento di un compito. Urge valorizzare i carismi dei laici a partire dalla cura di singole comunità pastorali, nelle quali, tra non molto tempo, non sarà più possibile assicurare con costanza neanche la celebrazione dell’eucaristia.

Per far questo occorre avere il coraggio di immaginare forme completamente nuove di corresponsabilità, evitando di perpetrare abitudini non più sostenibili, con la ragionevole speranza di fare qualcosa di buono. Intimamente legato a questo è il ruolo del parroco, fulcro della famiglia parrocchiale, da spronare e aiutare nel suo incarico divenuto nei tempi odierni particolarmente gravoso, perché sia sempre più capace di armonizzare i carismi e incentivare la collaborazione di tutti, senza prevaricazioni e soprattutto senza rassegnazione alla difficoltà.

La promozione di un fraterno e franco dialogo tra i parroci e i responsabili dell’equipe sinodale, veicolando esigenze e difficoltà ma anche i motivi di nuovo slancio missionario emersi lungo il cammino, è perciò un impegno che si intende proseguire.

Come già messo in luce, è l’autenticità dell’essere Chiesa che il cammino sinodale ha posto come una priorità significativa. Si tratta di un ritorno all’essenziale. Di una inversione dal fare all’essere. Di una vera e propria conversione. Questo ha comportato un esame di coscienza sulla distanza che passa tra l’attivismo spesso scomposto e controproducente e la semplicità di uno stile di vita credente che fa dell’ordinario la palestra di verifica della propria fede. Le iniziative e i percorsi di formazione non devono perdere di vista che la spiritualità è il nutrimento di qualsiasi impegno. La formazione stessa ai ministeri, pur necessaria, non può ridursi a nozioni ma deve essere impastata con la vita, affinché ciascuno possa esprimere il proprio talento all’interno della comunità con libertà e responsabilità. Ma soprattutto perché i destinatari di quell’impegno si sentano accolti nella loro unicità, possano sentirsi speciali, proprio laddove la logica del mondo tende a omologarli, a scartarli, a dimenticarli. Tanto più se sono giovani, ai quali non occorrono formule o slogan o maestri, ma testimoni credibili, compagni di viaggio sulla via misteriosa, eppure ambiziosa e avvincente, della santità.

Il dialogo tra generazioni: una Chiesa attenta ai giovani

Nell’ambito del quarto cantiere, che era stato affidato ad ogni singola Chiesa locale perché individuasse la priorità da valorizzare, la diocesi, su impulso del Vescovo, ha voluto dare spazio all’emergenza educativa. Il tema si è innestato peraltro su una serie di progetti già in atto grazie ad una sinergia creata tra differenti realtà quali Caritas, Progetto Policoro, Azione Cattolica e la pastorale Giovanile e Sociale. Nello stile sinodale, il primo passo è stato quello di dare voce ai giovani, di lasciare che i giovani potessero esprimere agli adulti i loro pensieri, i loro disagi, le loro paure. Su una piattaforma predisposta a tal fine i ragazzi e i giovani hanno liberamente e in maniera anonima “parlato” agli adulti nelle modalità a loro più consone. La risposta è stata importante sia numericamente che nei contenuti e ha dato vita a una serie di incontri nel corso dei quali, dal confronto tra figli e genitori, docenti e discenti, è emerso un concerto di considerazioni originali e ricche di senso. Emozioni e intuizioni si sono intrecciate a disegnare uno scenario di grande entusiasmo da parte delle giovani generazioni, che fa da contraltare all’esigenza di trovare la propria strada in una società fluida e complessa, di discernere la grande e confusa quantità delle informazioni che gestiscono, di confrontarsi con un mondo degli adulti spesso segnato da incoerenza, insicurezza o indifferenza.

Questa esperienza sinodale ha inoltre messo in luce la grande solitudine di tanti giovani, il peso della competizione, l’evanescenza di finti legami, la difficoltà nell’espressione matura dei sentimenti e del proprio io. Tuttavia, proprio l’ascoltare, il prendersi cura dei giovani rendendoli protagonisti di questo itinerario di crescita ha rivelato talenti appassionati e una comune, intensa aspirazione a vivere relazioni autentiche e significative. Anche questa importante tappa del cammino sinodale ha fatto emergere la validità del metodo: l’atteggiamento di ascolto libero e attento è accolto con favore dalle diverse realtà che operano nel tessuto sociale e consente di accrescere, oltre che il livello di conoscenza, anche le opportunità di confronto e collaborazione finalizzate ad una autentica promozione umana.

Conclusioni

Il conoscersi, il guardarsi in faccia e ascoltarsi, tra gli operatori pastorali e nel confronto con gli altri, ha confermato che le esperienze toccate dagli incontri sinodali sono assai meno distanti di quanto si pensi: solitamente si tratta, infatti, di esperienze promosse da persone che hanno avuto – e spesso tuttora hanno – una esperienza ecclesiale che si è sostanziata, laicamente, in una esigenza di mettere al servizio della città le proprie competenze. Da parte di tutti è emersa una stima nei confronti della Chiesa diocesana, alla quale è richiesto un ruolo di promozione e di mediazione, sia al loro interno che nel rapporto con le istituzioni, riconoscendola come punto di riferimento e interlocutore autorevole. È pertanto opportuno proseguire questa esperienza di ascolto e di conversazione spirituale, anche oltre i tempi previsti del cammino sinodale avviato. La sfida che ne deriva è quella di non lasciar cadere gli stimoli proposti e di realizzare in modo propositivo le esperienze che ne potranno derivare.

In particolare, a partire dall’esperienza e dalla riflessione scaturite dal cammino sinodale sin qui ripercorso la Diocesi intende promuovere:

• La prosecuzione degli incontri di ascolto e di confronto con le diverse realtà che animano la vita sociale del territorio, nelle sue molteplici forme, in modo accurato, pacato e lungimirante.

• Una robusta formazione liturgica e una costante coltivazione dell’amore per la Parola di Dio rivolte a tutte le comunità parrocchiali.

La realizzazione di un percorso svolto nelle scuole in prima persona con i giovani e dai giovani, lasciati liberi di esprimersi e di articolare loro stessi, come protagonisti, un dialogo con le generazioni adulte a partire dai loro stessi bisogni e aspirazioni, è una iniziativa che la Diocesi indica come particolarmente promettente e feconda di risultati alle Chiese sorelle.

Lo stile sperimentato dovrà contrassegnare la prosecuzione del cammino sinodale in modo serio e fiducioso per la Chiesa di Civitavecchia-Tarquinia. Il mondo ha sempre ri-conosciuto i cristiani, prima che da quello che dicono, da quello che sono e da come sono. Da come danno carne e respiro, braccia e gambe al messaggio straordinario del Vangelo.