La lettera di Avvento del Vescovo, monsignor Luigi Marrucci

 Ai miei fratelli
nel sacerdozio ministeriale e battesimale
della Chiesa di Civitavecchia-Tarquinia
 
 
Cari amici,
dal 13 ottobre scorso la nostra Chiesa di Civitavecchia-Tarquinia ha iniziato l’Anno della Fede, in sintonia con quanto il Papa Benedetto XVI ha desiderato per fare memoria dell’inizio del Concilio Vaticano II e nel ventennale della promulgazione del Catechismo della Chiesa Cattolica.
L’inizio di questo anno particolare ha coinciso con il Sinodo dei Vescovi (una rappresentanza di tutti i Vescovi della Chiesa universale) che ha riflettuto sulle modalità di una evangelizzazione rinnovata, soprattutto nei paesi di lunga tradizione cristiana.
Il nocciolo della crisi della Chiesa, in Europa soprattutto, è la crisi della fede.
 
La secolarizzazione – almeno dalla metà del ‘900 – certamente ha influito nel progressivo distacco dalla religione nei vari ambiti della vita concreta e di conseguenza ha allontanato molti dalla pratica religiosa. Ma non è la sola causa della crisi di fede.
Il card. Camillo Ruini, nel libro ‘Intervista su Dio’ rifacendosi ad uno studio di Charles Taylor, parla di una società in cui tutti credevano in Dio, e che è venuta meno; oggi questa si presenta diversa, è una società in cui, anche il più credente, spesso, pone Dio tra le varie opportunità umane che gli si presentano. Per cui è possibile vivere senza Dio e il credere è un’opzione tra le tante altre che vengono presentate all’uomo contemporaneo.
Oggi parlare di Dio e dell’importanza che assume nella nostra vita ha poco senso se non siamo convinti che Egli esista e soprattutto che lo si renda presente e palpabile con uno stile autentico di vita cristiana. Il nulla non interessa a nessuno.
‘Se alla fede non troviamo una risposta, se la fede non riprende vitalità, diventando una profonda convinzione ed una forza reale all’incontro con Gesù Cristo, tutte le altre riforme rimarranno inefficaci’ così Benedetto XVI alla Curia romana nel Natale del 2011.
La fede quindi deve essere ripensata e rivissuta.
 
– Come si può ripensare il ‘credere’?
 
Occorre innanzitutto cogliere questo tempo come una possibilità che il Signore ci dona per illuminare la mente e il cuore.
Una mente illuminata ci aiuta a cogliere le ragioni per cui si crede. Il Catechismo della Chiesa Cattolica ci aiuta a produrre le ragioni del credere.
Per molti di noi, sacerdoti e fedeli laici, la fede è legata ad una stanca ripetizione di formule o di celebrazioni, ma non approda ad un incontro convinto e personale con Gesù Cristo.
La fede non è solo una questione di conoscenza di contenuti, ma di libertà, cioè necessita fare una scelta responsabile e convinta. Tanto che talvolta, si assiste a persone che di fronte a difficoltà che richiederebbero una buona dose di fede, si vede crollare tutto, rifiutando persino quel Dio che era stato, almeno apparentemente, punto di riferimento.
Se manca la forza della scelta, sostenuta da un confronto con la verità sulla propria vita, tutto si sgretola. La forza della fede è gioia per l’incontro con la persona viva di Gesù Cristo, che cambia e trasforma tutta l’esistenza.
 
– La fede poi deve essere vissuta.
 
Così papa Benedetto si esprime nella lettera apostolica ‘La Porta della Fede’: ‘Il rinnovamento della Chiesa passa anche attraverso la testimonianza offerta dalla vita dei credenti’ (PF, 6).
E’ indispensabile cogliere il valore della testimonianza.
Già Paolo VI nell’esortazione apostolica ‘Evangelii nuntiandi’ (8 dicembre 1975, n° 41) affermava: ‘il mondo di oggi non ascolta più volentieri i maestri, ma ascolta i testimoni. E se ascolta i maestri è perché sono testimoni’.
Gli uomini dell’attuale momento storico, hanno fame di testimoni e in essi vogliono coerenza e lealtà.
Il teologo e filosofo John Henry Newman (1801-1890), beatificato il 19 settembre 2010 dall’attuale Pontefice, aveva nel cartiglio del suo stemma questo motto ‘cor ad cor loquitur’ – il cuore parla al cuore; una fede che porta in sé le ragioni del cuore è più convincente, ha la forza della credibilità.
Ecco dunque la fatica del cristiano: coniugare ogni giorno fede vissuta e fede ripensata, cuore e intelligenza, vita e pensiero.
Si tratta di far vivere il Battesimo ricevuto e con esso il dono della fede. La fede infatti è, prima di tutto, dono, un grande regalo che Dio fa ad ogni creatura perché possa costruire su di esso la sua vita. Il dono di Dio per essere accolto pienamente e poter maturare nella vita dell’uomo, passa attraverso molteplici esperienze comunitarie e personali, che impegnano e realizzano.
– La fede passa attraverso la vita della comunità parrocchiale, nella quale convergono tutte le associazioni, le confraternite, i movimenti, i gruppi ecclesiali – luoghi dove si matura il cammino di fede per diventare ‘lievito’ che fermenta tutta la massa (cfr Lc13,20). La Chiesa infatti si manifesta e vive nella composizione unitaria delle molteplici membra.
– La fede passa anche attraverso la vita dei testimoni. Ciascuno ripensi la propria storia di fede. Personalmente, ho accolto la chiamata al sacerdozio attraverso la persona del mio parroco, per la sua fede ricca di umanità, per uno stile di vita semplice e sobrio, per la gioia con cui viveva il suo sacerdozio servizievole e caritatevole verso tutti.
 
– La fede vive nella carità.
 
La lettera apostolica del Papa, riprendendo un’espressione della lettera ai Galati 5,6 ‘la fede si rende operosa per mezzo della carità’ presenta il criterio unico di intelligenza e di azione che aiuta a cambiare la vita dell’uomo.
La fede incarnata nell’amore crea comunione, stabilisce solidi rapporti di fraternità, produce perdono, favorisce l’obbedienza alla Chiesa e ai suoi legittimi pastori.
E la fraternità è un anticipo del Cielo!
Il bene, vissuto nella propria vita, è di per sé diffusivo: si espande a macchia d’olio intorno a coloro che incontriamo o condividono la vita.
‘La carità educa il cuore dei fedeli e svela agli occhi di tutti il volto di una comunità che testimonia la comunione, si apre al servizio, si mette alla scuola dei poveri e degli ultimi, impara a riconoscere la presenza di Dio nell’affamato e nell’assetato, nello straniero e nel carcerato, nell’ammalato e in ogni bisognoso’ (‘Educare alla vita buona del Vangelo’, 39).
E’ questo l’augurio che formulo a ciascun membro della nostra Chiesa di Civitavecchia-Tarquinia, che affido al Padre, ricco di misericordia, con questa orazione:
‘Fiorisca sempre, o Padre,
fino alla venuta del Cristo suo Sposo,
l’integrità della fede,
la santità della vita,
la devozione autentica e la carità fraterna:
tu che la edifichi incessantemente
con la parola e il corpo del tuo Figlio
non privarla mai della tua paterna protezione’.
 
Con la benedizione del Signore,
 
                                                                                                                                  + don Luigi, vescovo