La “domenica del mare” è una ricorrenza che la Chiesa, in tutto il mondo, celebra ogni anno la seconda settimana di luglio come occasione per far conoscere i lavoratori del mare, la difficile vita a bordo e l’attività pastorale a loro dedicata. Quest’anno, con lo slogan “Insieme si può fare molto”, il messaggio dei vescovi italiani denuncia le dure condizioni lavorative degli uomini di mare, la lentezza nelle riforme del mondo marittimo e invita a un impegno maggiore sia per dare concreta accoglienza sia per promuovere e sostenerne i processi di crescita. «L’Apostolato del Mare è l’espressione della sollecitudine della Chiesa per l’ambito marittimo: è il voler stare con i marittimi; capirne le specificità, il loro sperare, il loro mondo. Può sembrare strano ma i marittimi hanno un loro mondo, che coinvolge tutto il loro essere e la Chiesa cerca di star loro vicina con una pastorale a dedicata». Don Omar Abel Boidi Couceyro è da un anno responsabile dell’Apostolato del Mare di Civitavecchia, dopo essere stato per molto tempo cappellano sulle navi.Da dodici mesi si trova nel porto più importante del Lazio, uno scalo di transito tra i più attivi del Mediterraneo. Può fare un primo bilancio della sua attività?
Confesso che è stato un anno difficile e molto bello. Ho cercato di stabilire rapporti seguendo i consigli della gente del posto: sono andato a bussare a diverse porte, ho chiesto udienza, telefonato, inviato email, fatto lunghe passeggiate nel Porto per incontrare quante più persone. Qual è stato il risultato? Tutti erano impegnati, oppure rispondevano «è tardi per fare qualcosa, ne parliamo quando finisce la stagione». Non pensavo che fosse stato così complicato e ho avuto la tentazione di lasciare. Poi mi sono ricordato del mio primo imbarco: appena arrivato in nave, dopo essermi presentato al Comandante, incontrai un dirigente che, in risposta al mio saluto, mi ha domandato: «E lei che è venuto a fare qui?». Quella domanda è il motivo per il quale continuo.Il mondo del mare è molto vasto, una parrocchia quasi sconfinata e con tante esigenze. Quali sono le priorità pastorali?
I tanti fedeli del mare – per le diversità culturali, di lingua, estrazione sociale e per il tipo di vita – ti obbligano ad andare all’essenziale, a non perderti in vane discussioni o elaborati discorsi. Più di ogni cosa, ti aiutano a ripensare la virtù della Speranza, ad alimentarla, a viverla senza dubbio alcuno. La gente del mare vive la Speranza ogni momento: spera nella buona pesca; spera di tornare a casa; spera di finire serenamente il viaggio; spera che si rientri sani e salvi. La priorità pastorale è semplice: essergli accanto per trasmettere ciò che è loro, ossia la possibilità di essere Chiesa di Cristo in tutto e per tutto.L’economia del mare risulta in espansione, crescono i profitti, ma non crescono purtroppo le tutele e il rispetto dei diritti dei lavoratori. In occasione della giornata, l’Apostolato del Mare Italiano denuncia i tanti marittimi “scartati”, i piccoli pescatori sempre più penalizzati, i portuali che hanno un futuro lavorativo sempre più incerto. Qual è la sua esperienza?
Qualche anno fa, ero imbarcato con un marinaio filippino, che vedevo sempre disponibile ma un po’ troppo serio. Gli domandai perché stava così e mi raccontò che la notte prima dell’imbarco sua moglie aveva partorito il loro primo figlio: l’aveva visto solo qualche momento in ospedale e l’avrebbe rivisto dopo 10 mesi. Se a questo aggiungi le condizioni molto peculiari della vita di bordo, le normative sulla sicurezza dei porti sempre più esigenti, i gravami imposti da alcune compagnie che pagano lo stipendio in dollari ma obbligano a pagare i servizi in euro, gli orari di servizio, l’incertezza della continuità lavorativa, il “mobbing” sempre in agguato, il sentirsi solo un pezzo di un macchinario che deve produrre un qualcosa e nient’altro… Sono questi i motivi per i quali la Chiesa si preoccupa di questo popolo.La Chiesa esprime gratitudine ai tanti marittimi impegnati sui mercantili che negli ultimi mesi hanno salvato migliaia di vite di migranti, mettendo a repentaglio la propria sicurezza, la salute e anche il lavoro.
Dimentichiamo spesso una grande verità: il mare unisce le coste. Il mare ti fa capire che non sei il perno sul quale gira il mondo e insegna a essere rispettoso della natura e della vita. Potrai essere sulla nave più grande e miglior attrezzata di questo mondo ma quando sei in mare aperto, quando intorno a te vedi solo acqua, orizzonte e cielo, lì ti ne accorgi di quanto preziosa sia la vita che hai in dono. E per questo, la solidarietà in mare va al di là di qualsiasi elaborazione sociale: la solidarietà in mare non si discute, è la regola. La solidarietà della gente di mare ti fa vedere che l’umanità che non ha confini, come il mare.Il Messaggio del Pontificio Consiglio per i Migranti e i Transitanti
«La “Domenica del mare” faccia riflettere sulla necessità di intervenire sui flussi migratori con soluzioni umane e durature. Come Chiesa vogliamo esprimere la nostra gratitudine ai marittimi in generale, per il loro fondamentale contributo al commercio internazionale». È quanto scrive il cardinale Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio consiglio per la pastorale dei migranti e degli itineranti, nel messaggio per la celebrazione odierna. «Quest’anno – scrive – desideriamo riconoscere il grande sforzo umanitario svolto dagli equipaggi delle navi mercantili» che «a volte a rischio della propria vita, si sono adoperati in numerose operazioni di soccorso salvando la vita a migliaia di migranti».
Dopo aver segnalato la meritoria presenza dei cappellani e dei volontari che operano nei porti, il cardinale rivolge un appello ai «governi europei e dei paesi di provenienza dei flussi migratori, come pure alle organizzazioni internazionali, affinché collaborino alla ricerca di una soluzione politica duratura e definitiva» e ci siano «maggiori risorse» per il soccorso e per «prevenire la tratta e lo sfruttamento delle persone che fuggono da condizioni di conflitto e povertà». Il cardinale Vegliò prende posizione a favore dei marittimi, affinché abbiano maggiori tutele, vengano superate «norme restrittive e ingiuste» e si riconoscano le difficili condizioni di chi lavora sotto la minaccia della pirateria.