«Il lutto umano per la perdita di una persona amata non è in contraddizione con la fiducia che i nostri defunti siano al sicuro nell’amore di Dio. Per questo i riti esequiali sono un momento di conforto, di grazia e comunione con tutta la comunità presente». Con queste premesse il vescovo Luigi Marrucci ha indirizzato ai sacerdoti e ai fedeli la seconda lettera con le indicazioni pastorali dell’Anno Eucaristico diocesano.
Dopo quella sulla celebrazione del rito del Battesimo, monsignor Marrucci ha diffuso lo scorso 1° novembre le indicazioni per il rito delle esequie (testo integrale).
«La Celebrazione Eucaristica esequiale – si legge -, come i sacramenti dell’Iniziazione cristiana, è, per il cristiano defunto, l’ultima pasqua che lo assimila a quella del Figlio di Dio che “attraverso la morte lo introduce nella vita del Regno”: aspettando “la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà”. Come alla nascita, per la fede dei nostri genitori, siamo stati portati al fonte battesimale per “rinascere figli di Dio” così, al termine del cammino terreno, la Chiesa, con amore materno, ci consegna nelle mani del “Padre di vita eterna”».
«Il Rito cristiano delle Esequie – scrive il vescovo – è una Celebrazione Liturgica della Chiesa con la quale la comunità, riunita in assemblea di fede e in preghiera, intende stringersi attorno alla persona defunta e ai suoi familiari per annunciare il mistero della vita in Dio e per suffragare il defunto».
«Per questo la presenza della comunità è preziosa e dove è possibile si faccia di tutto perché al Rito esequiale sia presente e svolga quei ministeri liturgici propri dell’assemblea: lettori per la proclamazione della Parola, per preghiera dei fedeli, guida per il canto dell’assemblea, eventuale organista e coro».
Monsignor Marrucci spiega anche che queste sono le «uniche motivazioni perché i fedeli laici intervengano nella celebrazione»; chiedendo quindi di non permettere “elogi funebri, panegirici, lodi ed esaltazioni talvolta esagerate”.
Successivamente il vescovo si sofferma sui quattro momenti che caratterizzano il rito: l’accoglienza della salma nella comunità; la liturgia della Parola, presa dai testi indicati oppure dalle letture bibliche del giorno; il Sacrificio eucaristico offerto al Padre; il rito del congedo.
«Introducendo il rito del congedo – scrive – si possono eventualmente inserire alcune brevi parole rievocando la vita e sottolineando qualche gesto del defunto, ma sempre con moderazione e soltanto dal presbitero che presiede. A nessun’altro è permesso aggiungere ricordi o episodi della persona defunta e qualora vi fosse veramente necessità lo si faccia fuori della Chiesa».
Monsignor Marrucci richiama anche alcune peculiarità della celebrazione: è affidata al parroco, che può delegarla; sia celebrata secondo le leggi liturgiche, compreso il seppellimento del corpo, tuttavia la Chiesa non proibisce la cremazione; luogo della celebrazione sia di norma la parrocchia, in via eccezionale altro luogo di culto, col consenso del parroco.
«Il Rito prevede anche la semplice celebrazione senza Eucaristia, per chi non ha vissuto un cammino di fede nella Chiesa, a cui però non si può negare il ricordo fraterno nella preghiera e nell’affidamento al Padre buono e misericordioso».
Il testo integrale della lettera