«Anche quando nei momenti di difficoltà le nubi oscurano la nostra visione nell’incontro con l’Altissimo, il mistero della Vergine, la cui memoria celebriamo nell’anniversario della prima apparizione a Bernadette, vuole essere uno squarcio di cielo aperto sulla terra. Perché la dove la speranza non c’è torni a brillare, dove la fede vacilla torni un po’ alla volta a benedire il Signore unica nostra salvezza».
Sono le parole che il vescovo Luigi Marrucci ha rivolto ai malati e a tutti coloro che sono al loro fianco nelle sofferenze in occasione della Giornata mondiale che si è celebrata ll’11 febbraio nella Cattedrale di Civitavecchia. Le associazioni cittadine, i movimenti ecclesiali e i rappresentanti del mondo della sanità hanno affollato la chiesa nel giorno in cui ricorre la memoria liturgica della Madonna di Lourdes.
Durante l’omelia, commentando le letture tratte dall’ultimo libro di Isaia e dal vangelo di Luca che narra dell’incontro di Maria con la cugina Elisabetta, il presule ha sottolineato come «malati siamo tutti, nel corpo o nello spirito, e abbiamo bisogno di essere guariti e accompagnati da Maria». I due testi proclamati, ha poi spiegato, – l’invito alla gioia del profeta per il ritorno a Gerusalemme dopo la schiavitù di Babilonia con la ritrovata maternità della città che simboleggia la Chiesa che accoglie, custodisce e nutre i suoi figli; e Maria che dopo l’annuncio dell’angelo si mette al servizio di Elisabetta – offrono un decalogo che descrive il sevizio dei volontari nella Chiesa e all’umanità.
«Il servizio – ha detto Marrucci – è innanzitutto benedizione, è cantico di lode come Elisabetta saluta benedicendo è Maria risponde lodando. Il servizio è anche gioia di essere dono. Perché la vita è un dono che va quotidianamente impiegato e fatto fruttificare. Il segreto è entrare in relazione, incontrare la persona in un rapporto di reciprocità che non deve essere solo una gratificazione per il volontario. La vita è un impegno e come tale occorre rendersi utili e operosi».
Il presule ha poi spiegato le altre caratteristiche del servizio: «è un accorgerci del bisogno dell’altro, non un voltare la faccia e far finta di non averlo visto; è fatica e disagio, se non provoca questo è solo un passatempo; è sentirsi servi e non protagonisti; è vivere questa esperienza nel nascondimento silenzioso; è restituire il di più che noi abbiamo: non solo in termini di ricchezza ma anche di tempo, ascolto e attenzione». «Il servizio – ha concluso il vescovo – è consumarsi per fare luce come Bernadette».