«Accolti dall’Amico e Maestro Signore, per essere suoi commensali al banchetto della Parola e dell’Eucaristia, memoriale della sua Pasqua, consumata nel Cenacolo e consacrata dal dono sacrificale sulla Croce». Così, salutando la numerosa assemblea della Cattedrale di Civitavecchia, il vescovo Luigi Marrucci ha introdotto mercoledì 16 aprile la Messa Crismale, una celebrazione in cui «si manifesta in modo del tutto particolare la visibilità della Chiesa diocesana». (L’omelia integrale) La Messa, che ha aperto il triduo pasquale, è stata concelebrata da tutto il clero della diocesi, ed ha visto la partecipazione di religiosi e consacrati, con una folta rappresentanza di animatori e collaboratori pastorali delle parrocchie diocesane. Si tratta di una liturgia, inserita nei riti della settimana Santa, che rappresenta uno dei momenti liturgici più importanti per la vita della comunità cristiana. È anzitutto la celebrazione in cui tutti, consacrati e laici, esprimono il loro sacerdozio che deriva da Gesù Cristo. Sia quello che scaturisce dal battesimo che quello ministeriale, che sgorga dal sacramento dell’ordine. Per questo, durante la liturgia, i presbiteri hanno rinnovato le promesse sacerdotali in comunione con il Vescovo. Durante la Messa è stata inoltre invocata la benedizione di tutti gli Oli Sacri: quello degli infermi, dei catecumeni e l’olio per la consacrazione delle persone, dei luoghi e degli oggetti di culto. Monsignor Marrucci ha incentrato la sua omelia sui pericoli di «una Chiesa che cessa di essere “mysterium lunae”». «Il mistero della luna – ha spiegato il Vescovo – è una formula a cui i Padri della Chiesa ricorrono per suggerire quale sia la vera natura e l’agire della Chiesa. La luna di suo è opaca, senza luce, ma illumina la notte riflettendo la luce del sole. È il mistero della Chiesa che riflette sul mondo la luce del sole che è Cristo». Per il presule «è difficile fissare lo sguardo direttamente su Cristo: i nostri occhi si chiudono o rimangono accecati. È più facile contemplare e guardare la Chiesa, la cui luce è da noi più facilmente accolta. E noi siamo membra della Chiesa, viviamo della luce di Cristo se viviamo la vita di Cristo nella Chiesa». Esortando i sacerdoti e i diaconi, monsignor Marrucci ha ribadito che «il ministero ordinato ci comunica un dono più che domandarci delle rinunce, eleva la nostra dignità cristiana e, se domanda un ridimensionamento dei desideri umani, è per aiutarci ad accogliere doni più grandi». Per questo, ha spiegato «occorre una vita spirituale che ci aiuti a togliere gli ostacoli che impediscono il germinare e il crescere dell’azione di Dio in noi: si tratta del peccato coscientemente voluto, delle abitudini cattive che non si cerca di sradicare, degli attaccamenti disordinati alle creature, quando impediscono la dedizione libera della propria esistenza al Signore». Una sequela a “lasciare tutto” e “seguire Cristo” che, per monsignor Marrucci, accomuna tutti nel Battesimo e nell’Ordinazione sacra nel suo triplice grado. «La vita di unione con Dio e la vita sacramentale – ha spiegato – ci aiutano a vivere la morte al peccato e a sviluppare sempre più intensamente il dono di seguirlo, con fedeltà, ogni giorno. Lo stesso ministero pastorale è per noi fonte di grazia e quotidiano invito a seguire Cristo». Per questo, ha detto, «la nostra vocazione, nonostante il quotidiano bisogno di purificazione, ci invita ad essere sempre più trasfigurati dalla grazia e ci rende capaci di irradiarne lo splendore sui fratelli». Una grazie che non può scaturire solo «confidando nelle nostre forze ma nella misericordia di Dio, sempre pronto al perdono». Per il Vescovo «il ministero deve essere il motore della nostra spiritualità; dal ministero attingiamo grazia per una vita di preghiera più intensa e che manifesti la gioia della scelta fatta. E questa gioia sia attrattiva a Cristo e al sacerdozio per tanti giovani: è la migliore pastorale vocazionale che possiamo quotidianamente compiere». Sono tre gli elementi che, citando una recente catechesi di papa Francesco, monsignor Marrucci ha voluto ribadire: il ministro ordinato è posto al servizio della comunità “un vescovo che non è al servizio della comunità non fa bene”; il ministro ordinato ha un amore appassionato per la Chiesa “la ama con tutto il cuore: è la sua famiglia”; il ministro ordinato è chiamato a ravvivare sempre il dono che è in lui attraverso la preghiera, la Parola di Dio, la celebrazione quotidiana dell’Eucaristia e la frequentazione del Sacramento della Penitenza. «È questa – ha concluso monsignor Marrucci – la nostra vocazione alla sequela di Cristo, vissuta nella dedizione ai fratelli, nel duplice aspetto di grazia e di missione». Durante la celebrazione il vescovo ha ricordato don Franco Fronti per le sue nozze d’oro sacerdotali, padre Antonio Matalone per il venticinquesimo di ordinazione e i diaconi Enzo Ferraccioli e di Massimo Milliani per il loro giubileo diaconale. Il pensiero conclusivo e commosso è stato per monsignor Sandro Santori, scomparso lo scorso gennaio, «ci manca la sua presenza fisica, ma sentiamo vicina quella spirituale e siamo confortati dalla certezza della fede che, presso l’Altissimo, intercede per la nostra Chiesa».