La struggente celebrazione delle esequie del Vescovo Carlo Chenis

«Hai servito sempre la Chiesa. Arrivederci!»


Vincenzo Cardarelli, insigne poeta tarquiniese, scrisse in una astiosa Invettiva che nemmeno la luce del Calvario era riuscita, nel maestoso incedere del tempo, a ridestare la nostra terra da un antico torpore spirituale.
Dopo quanto la nostra Chiesa ha vissuto durante la malattia e la prematura scomparsa del suo Pastore Carlo Chenis nessuno potrà più tentare di dargli ragione: il funerale celebrato martedì 23 marzo 2010 nel porto storico di Civitavecchia si colloca infatti nella lunga storia della nostra comunità cristiana come il momento spirituale più alto, più terribile, più glorioso, come l’ora suprema che risveglia e conferma la forza e la fedeltà al Maestro di tutta la nostra Diocesi: un cuore solo, un’anima sola, una preghiera sola hanno dato l’ultimo saluto all’uomo nobile, buono e sapiente che lo Spirito aveva suggerito come nostro Vescovo. Una celebrazione pasquale, solenne e irripetibile, un rendimento di grazie corale dove lacrime sincere, autentiche, battezzano una Chiesa bella, semplice, amica del Signore come il Vescovo Carlo la sognava e si è sforzato di costruire.
Il suo feretro emerge dalla Cattedrale, nel tepore di un meriggio primaverile, accolto da una folla commossa e preceduto da una interminabile teoria di presbiteri e vescovi, seguito da numerose autorità. Attraversa la città silenziosa, sbigottita. Ripercorre quelle vie per l’ultima volta prima di immergersi nell’abbraccio di diecimila fedeli che, come onda lieve che lambisce la scogliera, si sono assiepati sotto le mura della fortezza, attorno alla fontana del Vanvitelli sulla quale svetta l’immagine di lui, Carlo vescovo, raggiante in quel sorriso che una dannata, infida malattia non è riuscita a sconfiggere.