Carissime sorelle e carissimi fratelli in Cristo, siamo a pochi giorni dalla data in cui facciamo memoria dell’Incarnazione del Signore Gesù. Con poche parole desidero augurare a tutti voi che i giorni che vivremo siano giorni di amicizia, di serenità e di preghiera.
Sento il dovere di condividere che ci apprestiamo a trascorrere un Natale caratterizzato, purtroppo, dal dramma dell’Ucraina e di tutte le guerre che si stanno svolgendo nel mondo. Vi prego: cerchiamo di andare – almeno per un momento – con il cuore e con la mente alle sofferenze di tante sorelle e di tanti fratelli, che subiscono violenze inaudite e che sono costretti a condizioni di vita disumane. Non dimentichiamo mai quanto sia atroce sopportare la sopraffazione e l’usurpazione dei propri diritti! Non abbandoniamo al loro destino popolazioni ingiustamente martoriate e condotte allo stremo da atteggiamenti violenti! Lasciamo che risuonino nel cuore le parole di Papa Francesco:
Cosa, dunque, ci è chiesto di fare? Anzitutto, di lasciarci cambiare il cuore dall’emergenza che abbiamo vissuto, di permettere cioè che, attraverso questo momento storico, Dio trasformi i nostri criteri abituali di interpretazione del mondo e della realtà. Non possiamo più pensare solo a preservare lo spazio dei nostri interessi personali o nazionali, ma dobbiamo pensarci alla luce del bene comune, con un senso comunitario, ovvero come un “noi” aperto alla fraternità universale. Non possiamo perseguire solo la protezione di noi stessi, ma è l’ora di impegnarci tutti per la guarigione della nostra società e del nostro pianeta, creando le basi per un mondo più giusto e pacifico, seriamente impegnato alla ricerca di un bene che sia davvero comune. (FRANCESCO, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2023)
Sì, sarà un Natale diverso e forse anche un pochino più triste! Le condizioni storiche che avvolgono la nostra epoca, tuttavia, non devono oscurare il senso profondo ed autentico del messaggio spirituale che il Natale porta con sé. Condivido, allora, con tutti voi qualche piccola riflessione, prendendo a spunto l’inno liturgico che la Chiesa proclama nelle Lodi del giorno di Natale.
Il creatore dei secoli
prende forma mortale
per redimere gli uomini.Maria Vergine Madre
porta un segreto arcano
nell’ombra dello Spirito;dimora pura e santa,
tempio del Dio vivente,
concepisce il Figlio.Nasce il Cristo Signore,
come predisse l’angelo
e Giovanni dal grembo.Giace povero ed umile
colui che regge il mondo,
nella stalla di Betlem.Lo annunziano ai pastori
schiere di angeli in festa,
cantando gloria e pace.
Maria porta un segreto arcano nel suo grembo: possiamo contemplare la trepidazione e la gioia di Maria nell’essere Madre del Redentore. Ella sapeva che il Mistero che portava nel suo corpo veniva dall’azione dello Spirito Santo ed ha offerto la sua collaborazione piena e responsabile. Al suo “sì” è legata la possibilità per la storia di trovare la redenzione dal male e dalla sofferenza! Ella diviene il Tempio santo del Dio che non rimane isolato nel cielo, ma SCENDE tra gli uomini, discende dai cieli per venire a liberare gli uomini dai loro limiti, causati dal peccato di disobbedienza che ha immesso nella storia il germe del male.
Per opera dello Spirito che la ADOMBRA, Ella concepisce il Figlio di Dio. Non riusciremo a comprendere fino in fondo che cosa abbia provato Maria nel mettersi al servizio del Signore in un piano di salvezza straordinario che la chiama ad essere protagonista (pur essendo giovanissima)!
Il Mistero si fa ancora più grande se pensiamo al modo in cui avviene la nascita di Gesù. Nella solitudine, nella povertà, nella condizione di fragilità, nell’estrema difficoltà che Giuseppe e Maria sperimentano a Betlemme. In quella città, segnalata dai profeti, deve avvenire qualcosa di unico…. Ed avverrà! Ma a quale prezzo di sofferenza e di fatica. Eppure i due giovani sposi accolgono il disegno dell’Altissimo con docilità e rispondono- ciascuno secondo la propria responsabilità – alla richiesta di mettere le loro vite a disposizione dell’opera salvifica.
Per noi è motivo di riflessione fermarci a pensare: possiamo collaborare con il Signore, aderendo con il cuore alle parole del Vangelo, esattamente come hanno fatto Maria e Giuseppe. Nel segreto del cuore, cerchiamo di fare nostri i sentimenti della coppia di Nazaret nell’accogliere la Parola del Signore: daremo così davvero un senso ai giorni che stiamo per vivere, rispondendo alla chiamata di Dio di vivere in relazione con Lui, rivolta ad ogni persona. Quest’anno trasformiamo questo impegno di adesione alla volontà divina in un atteggiamento di pace e di non violenza. La nostra società ha un fortissimo bisogno di riconciliazione e di pace: non manchiamo a questo appuntamento che per un credente è un preciso dovere civico. È vero: non siamo noi direttamente a determinare la pace in Ucraina o nelle altre regioni del mondo in cui si combatte, ma gli atteggiamenti pacifici di ciascuno di noi possono e debbono fare la differenza, perché possiamo alimentare e custodire una cultura di pace che si diffonda sempre più fortemente ed efficacemente.
E contempliamo con tenerezza la scena di Betlemme. Il testo dell’inno liturgico dice che “giace povero ed umile Colui che regge il mondo”. Davvero questo può scandalizzare! Da sempre ha scandalizzato gli uomini pensare che Dio abbia scelto questa particolare forma per entrare nel mondo: per alcuni lo scandalo è divenuto la commozione dello stupore contemplativo; per altri il segno dell’inadeguatezza del messaggio cristiano rispetto ai grandi movimenti della storia. Continuiamo a guardare al Presepio con un cuore semplice e commosso. Mi domando: perché il Presepio parla a tanti con un linguaggio immediato?
Una delle cause sta nel suo “ideatore”: il genio spirituale di San Francesco ha voluto donare alla storia la possibilità di toccare con mano la concretezza della tenerezza di Dio. Siamo tutti beneficiari di questa intuizione.
C’è un altro motivo che rende l’icona del presepe così vicina al cuore degli uomini. Il Presepio è “quotidiano”, ha lo scopo di calare la scena di Betlemme nella vita di ogni giorno, di renderla vicina alla vita di ciascuno. Le molteplici interpretazioni artistiche e domestiche del presepe che continuano a costellare la nostra vita (e le fanno da secoli!) lo dimostrano: nei presepi napoletani dell’epoca barocca accanto alla stalla di Betlemme ci sono i personaggi della vita delle strade di Napoli, così come in moltissimi presepi che vediamo nelle nostre case c’è un’attualizzazione del Mistero che lo rende comprensibile a tutti, anche ai più piccoli. Colpisce sapere che in molte lingue moderne il termine “presepio” è tradotto con un’espressione che letteralmente significa “asilo” (In inglese crib, che vuol dire anche culla; in francese creche, che vuol dire anche asilo o culla; in tedesco krippe, che vuol dire lettino o culla). Il Presepio ci porta a cullare il bambino. E quel bambino è Gesù, il Figlio di Dio. La sua vicinanza, la sua presenza tra noi ci mostra quanto l’Amore infinito di Dio desideri “toccare” la nostra vita e liberarla dal male.
Il bue ha muggito piano, l’asina ha sbatacchiato forte le orecchie. E stato un applauso di bestie il primo benvenuto al mondo di leshu, figlio mio. Non ho chiamato losef. Gli avevo promesso un figlio all’alba ed era ancora notte. Fino alla prima luce leshu è solamente mio. E solamente mio: voglio cantare una canzone con queste tre parole e basta. Stanotte qui a Bet Lèhem è solamente mio. Succhiava e respirava, la mia sostanza e l’aria: “Non potrai avere niente di più bello di questo bimbo mio. Il respiro di una notte di kislev scarsa di luna te l’offre la tua terra d’Israele, il succo di madre-pianta lo spremi tu da me. Questo è il meglio che potremo darti, la tua terra e io”. (Erri De Luca, In nome della madre, Milano, Feltrinelli, 2006)
Guardiamo il Presepio, anzi fermiamoci a contemplarlo: comprenderemo che siamo amati e che la nostra vita – nonostante le difficoltà e le sofferenze – troverà sempre la CONSOLAZIONE di DIO, che non ci abbandona, ma VIENE. Viene per noi e starà con noi.
Auguro a tutti un Natale di preghiera e di fraternità. Vi benedico con affetto grande!
+ don Gianrico, vescovo