Carissime sorelle e carissimi fratelli in Cristo,
il primo anno del cammino sinodale ci consegna risultati importanti e incoraggianti. Avremo modo di leggerli insieme nel corso delle assemblee che terremo nelle zone pastorali e che si concluderanno con un’assemblea liturgica conclusiva alla fine del mese di ottobre. Subito dopo le assemblee inizieremo il secondo anno dell’ascolto nello spirito del Sinodo (in sintonia con tutte le Diocesi italiane) e lo faremo a partire da un’immagine evangelica molto intensa: l’incontro nell’amicizia vissuto a Betania, nella casa di Lazzaro, Marta e Maria.
38Mentre erano in cammino, entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò. 39Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. 40Marta invece era distolta per i molti servizi. Allora si fece avanti e disse: “Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti”. 41Ma il Signore le rispose: “Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, 42ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta”. (Lc 10, 38-42)
Ed è proprio questa pagina evangelica che condivido con voi per iniziare a vivere lo spirito dell’ascolto che vorrei caratterizzasse il cammino pastorale di questo anno.
Troviamo un primo elemento per riflettere nella frase iniziale del brano: Gesù, insieme ai suoi discepoli, era in cammino (v. 38). Possiamo chiederci:
- Verso dove è diretto Gesù nel suo cammino?
- La nostra vita non è tutta un cammino che deve districarsi tra molteplici difficoltà?
Ad entrambe le domande possiamo rispondere confrontandoci nei vari luoghi che ci vengono offerti per il dialogo sinodale. Desidero suggerire una mia “lettura”: Gesù è in cammino verso i nostri cuori, perché proprio nei cuori dei suoi fedeli compirà il Mistero Pasquale e proprio a quei cuori darà la vita e la speranza eterne attraverso il Suo sacrificio. Sentiamoci, pertanto, coinvolti in una dolce “spirale d’amore” che ci libera da paure e incertezze.
Se viviamo secondo questa riflessione, pur riconoscendo che tutta la vita è un cammino – spesso complicato ed irto a causa di molteplici fatiche che dobbiamo affrontare e di ostacoli che possono apparire insormontabili – il percorso da compiere non sarà solitario, perché potremo sperimentare la forza e la bellezza della comunità.
Occorre, tuttavia, ritrovare i fili della relazione e dell’amicizia cristiana per sentire il “respiro” dei nostri fratelli e delle nostre sorelle che condividono con noi quel cammino faticoso e ci invitano a sperimentare la speranza della comunione che allevia la pesantezza e la difficoltà.
1Entrò nella città di Gerico e la stava attraversando, 2quand’ecco un uomo, di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, 3cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. 4Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là. 5Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: “Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua”. 6Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. (Lc 19, 1-6)
Torniamo alla pagina di Betania. Come Gesù ci troveremo ad entrare in un villaggio: sarà la casa di persone amiche con cui possiamo condividere la Parola, sarà l’occasione di instaurare relazioni, di intessere trame di dialogo, di incontrare storie di vita. Ed è questo che la comunità cristiana deve poter fare agli inizi del terzo millennio, dinanzi a sfide epocali che trasformano completamente gli scenari tradizionali e le consuetudini secolari. Papa Francesco ci ha più volte ricordato che “tutto è connesso”. Dobbiamo aggiungere che tutto sta cambiando: il modo di annunciare il Vangelo, la sua bellezza, la sua forza, la sua potenza richiede oggi quel coraggio, quella determinazione, quella parresia che spinse i primi discepoli a correre per le strade del mondo e ad annunciare casa per casa, persona per persona, piazza per piazza: “Gesù è il Signore, noi lo abbiamo incontrato!”.
Ascoltare è più difficile che parlare, ma solo chi sa ascoltare è davvero in grado anche di parlare. L’ascolto richiede che io mi vuoti di me stesso. Devo saper perdere me stesso, il mio interesse in me stesso, il mio essere pieno di me stesso, devo saper tacere, così che io non reagisca soltanto, ma la parola mi tocchi e mi penetri veramente. L’ascolto ha luogo laddove la parola che giunge a me va a toccare la parola che è in me e si compenetra con essa. Ascoltare radicalmente significa che la parola che giunge a me e la parola che è in me divengono una parola sola e medesima.
(Klaus Hemmerle, La luce dentro le cose, Roma, 1998)
Chiediamo di entrare in relazione con gli altri. Anche noi, come avvenne per Gesù, saremo ospitati. Marta – ci dice il testo di Luca – lo ospitò nella sua casa. Ella non era l’unica a poterlo fare, ma il Vangelo ci dice subito il suo nome, la identifica come una donna capace di accoglienza e di umanità. Marta ha ospitato Gesù: noi siamo disposti a fare altrettanto? Lo ospiteremo in casa nostra, nel nostro cuore, nella nostra storia personale, nella nostra quotidianità? E se lo faremo, allora saremo davvero testimoni dell’Assoluto: parleremo con la vita dell’incontro con il Mistero che ha stravolto il nostro percorso perché lo ha illuminato. Il mondo in cui abitiamo ci chiede proprio questa testimonianza, anche se spesso non riusciamo a comprenderlo.
L’ascolto è la medicina naturale più potente del mondo, perché ha come primo risultato il fare sentire l’altro accolto, accettato, non giudicato; solo così egli potrà darsi il permesso di riprendere le fila dei suoi problemi, di cercare un ordine e un senso dove, fino a quel momento aveva visto solo dolore e inadeguatezza.
(Raffaello Rossi, L’ascolto costruttivo, Bologna, 2013).
La pagina di Luca mostra che ci sono vari modi di offrire ospitalità. Se Marta pensa all’ospitalità in modo concreto, materiale, particolareggiato, la sorella Maria offre l’ospitalità del proprio cuore al Signore che le parla e le narra l’infinito Amore di Dio Padre. Proviamo a pensare: che Parola sarà stata mai quella da Gesù da far incantare Maria di Betania? Come mai ella ha lasciato la sorella sola a compiere le faccende ed è rimasta ad ascoltare in modo trasognato Gesù che parla e spiega le Scritture? Comprenderemo, allora, la potenza della Parola di Dio e potremo riflettere sulla ricchezza che ci viene offerta mentre ascoltiamo le Scritture e mentre le meditiamo (in particolare secondo l’antica pratica spirituale della lectio divina). Diceva Origene:
Anche tu devi avere il tuo pozzo e la tua fonte personale perché anche tu, quando prenderai il libro delle Scritture, ti applichi ad attingere dal tuo proprio fondo qualche intelligenza; e in accordo con l’insegnamento ricevuto in chiesa, tenta di bere anche tu alla fontana del tuo stesso spirito … Purifica dunque anche tu l’anima tua, perché venga il giorno in cui berrai dalle tue proprie fonti e attingerai l’acqua viva nei tuoi pozzi.
(ORIGENE, Omelie sulla Genesi, 12, 5)
D’altra parte Maria è seduta ai piedi di Gesù, in quell’atteggiamento dei servi (cfr. Gv 13, 1-13) che ci spiega come ella si sia posta al servizio della Parola “nuova”… al servizio di una Parola “diversa”:
45Le guardie tornarono quindi dai capi dei sacerdoti e dai farisei e questi dissero loro: “Perché non lo avete condotto qui?”. 46Risposero le guardie: “Mai un uomo ha parlato così!”. 47Ma i farisei replicarono loro: “Vi siete lasciati ingannare anche voi? 48Ha forse creduto in lui qualcuno dei capi o dei farisei? 49Ma questa gente, che non conosce la Legge, è maledetta!”. (Gv 7, 45-49)
Scegliamo, allora, se intendiamo dare priorità all’ascolto del Signore (come Maria) o essere distolti e distratti, affaccendati nelle mille preoccupazioni di ogni giorno (come Marta). L’invito è chiaro: scegliamo di dare la priorità alla relazione con Dio e con i fratelli.
Così, dunque, la Scrittura si ascolta in due modi: con un ascolto «pesante» da parte di colui che non comprende quanto vien detto, mentre chi comprende (la Scrittura) non solo non l’ascolta «con pesantezza», ma anzi con udito fine, che rende intelligente l’ascoltatore. (ORIGENE, Omelie su Isaia 7, 6).
Ascoltare gli altri, poi, è realmente un passo importante per comprendere l’ascolto come la via privilegiata per accogliere il dono profetico che ciascun battezzato porta in sé. Al tempo stesso ogni persona – anche distante o indifferente – ha qualche germe di verità e di bellezza da poterci offrire, come ci ricordò Papa Benedetto XVI in una mirabile catechesi su San Giustino (Udienza generale del 21 marzo 2007).
1Sei giorni prima della Pasqua, Gesù andò a Betània, dove si trovava Lazzaro, che egli aveva risuscitato dai morti. 2E qui fecero per lui una cena: Marta serviva e Lazzaro era uno dei commensali. 3Maria allora prese trecento grammi di profumo di puro nardo, assai prezioso, ne cosparse i piedi di Gesù, poi li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì dell’aroma di quel profumo. (Gv 12, 1-3)
Quante cose abbiamo nel cuore che ci distolgono dallo scegliere quella “parte migliore” che dovrebbe essere il focus della nostra esistenza? Credo sia compito primario della comunità cristiana in questo tempo di confusione, di ambivalenza, di instabilità orientare le coscienze verso ciò che è essenziale: sarà l’impegno del cammino sinodale, sia nella seconda fase di ascolto (attraverso i cantieri che verranno proposti per le assemblee sinodali), sia nella fase sapienziale di discernimento (il terzo anno, cioè il prossimo anno pastorale 2023-2024) per entrare nella determinazione di scelte concrete di vita che ci permettano di scegliere di nuovo e convintamente di seguire il Signore con tutta la nostra vita:
23“Eliminate allora gli dèi degli stranieri, che sono in mezzo a voi, e rivolgete il vostro cuore al Signore, Dio d’Israele!”. 24Il popolo rispose a Giosuè: “Noi serviremo il Signore, nostro Dio, e ascolteremo la sua voce!”. (Gs 24, 23-24)
Può accadere che anche da parte nostra sorga la domanda polemica di Marta, che chiede a Gesù se non gli interessi che sia rimasta sola a servire… Può accadere, infatti, che percepiamo un Dio lontano o assente dalla nostra vita quotidiana. Forse pensiamo talora che Dio non ci capisca o che non sia interessato alle nostre problematiche e alle nostre sofferenze…. È il momento di guardare verso il Crocifisso e di capire che sulla Croce Dio fa una scelta radicale: quella di amare l’uomo e tutto l’uomo, con il suo peccato e con la sua debolezza, per giungere a liberarlo dal peccato e dal male per donargli una vita che non finisce:
14E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, 15perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. 16Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. 17Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. 18Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio.19E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. 20Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. 21Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio”. (Gv 3, 14-21)
Conosciamo bene la risposta di Gesù alla “protesta” di Marta ed è possibile che ci lasci parzialmente perplessi. Perché quella donna viene rimproverata se si è posta al servizio del Signore? Nella dimensione ecclesiale continuiamo a contrapporre la dimensione contemplativa della vita e quella più propriamente attiva (diaconale) della realtà?
Dobbiamo dire che ci sono molti affanni nella vita di ciascuno di noi. Occorre, tuttavia, fare una distinzione. Esistono, infatti, preoccupazioni serie e gravi: la guerra, i conflitti sociali, le sofferenze economiche, il disagio delle famiglie, la povertà educativa e l’abbandono scolastico, la mancanza di lavoro (soprattutto per i giovani), le violenze di ogni tipo e le discriminazioni che interessano le sfere più intime della vita (religiosa, affettiva, sessuale, etnica), le dipendenze (oggi registriamo almeno sei campi di dipendenza che sono assimilabili a patologie) e l’elenco potrebbe proseguire. In questo caso essere affannati è comprensibile, ma dobbiamo sapere che la fede può aiutarci a compiere un discernimento che – inevitabilmente – ci conduce a ripartire dalla scelta migliore (l’ascolto della Parola di Dio) per trovare la forza di affrontare le criticità quotidiane.
Non possiamo, tuttavia, dimenticare che molti affanni sono “endogeni” nel senso che siamo noi stessi a procurarli ed è qui che la frase di Gesù deve essere avvertita come un monito forte: se l’affanno è collegato alla ricerca del possesso, del potere, dell’accumulo di denaro, di una posizione sociale, di un successo “mediatico” (di immagine), allora è chiaro che abbiamo scelto una dimensione minimale dell’esistenza e l’ansia che ne deriva non può che condurci in un vicolo cieco. Gesù deve metterci in guardia! E lo fa con la sua delicatezza e insegnandoci a cambiare strada, per giungere a scegliere la parte migliore.
34Beato l’uomo che mi ascolta,
vegliando ogni giorno alle mie porte,
per custodire gli stipiti della mia soglia.
35Infatti, chi trova me trova la vita
e ottiene il favore del Signore. (Pr 8, 34-35)
Perché la scelta compiuta da Maria è l’unica di cui ci sia veramente ed effettivamente bisogno! Impariamo da questa sorella, amica di Gesù, a scegliere la via dell’ascolto, del silenzio del cuore, della ricerca sincera, della sana curiosità dinanzi al Mistero, della disponibilità ad essere formati. Di questo abbiamo bisogno, vivendo al centro di un’esistenza frenetica e caotica in cui il rumore e la fretta sembrano annullare ogni spazio di umanizzazione. La scelta fatta da Maria di Betania è l’unica in grado di riempire la vita, di dare un senso al cammino che compiamo e di rispondere alle esigenze più profonde del cuore di ciascuno di noi. È proprio in quella consapevolezza che percepiamo la “tremenda” nostalgia di Dio che ritroviamo nel cuore di ogni persona, anche se apparentemente distante dal Signore e dalla Sua proposta di Amore. Mi permetto di sottolineare che la grande sfida che possiamo accogliere è quella di “leggere nel cuore dei nostri fratelli” questa domanda e di interpretarla. Nello spirito degli insegnamenti del Concilio Vaticano II sogno una Chiesa che si fa prossima agli uomini del suo tempo per aiutarli a trovare la propria strada. Ci ha detto Papa Francesco:
Osiamo un po’ di più di prendere l’iniziativa! Come conseguenza, la Chiesa sa “coinvolgersi”. Gesù ha lavato i piedi ai suoi discepoli. Il Signore si coinvolge e coinvolge i suoi, mettendosi in ginocchio davanti agli altri per lavarli. Ma subito dopo dice ai discepoli: «Sarete beati se farete questo» (Gv 13,17). La comunità evangelizzatrice si mette mediante opere e gesti nella vita quotidiana degli altri, accorcia le distanze, si abbassa fino all’umiliazione se è necessario, e assume la vita umana, toccando la carne sofferente di Cristo nel popolo. Gli evangelizzatori hanno così “odore di pecore” e queste ascoltano la loro voce. Quindi, la comunità evangelizzatrice si dispone ad “accompagnare”. Accompagna l’umanità in tutti i suoi processi, per quanto duri e prolungati possano essere. Conosce le lunghe attese e la sopportazione apostolica. L’evangelizzazione usa molta pazienza, ed evita di non tenere conto dei limiti. Fedele al dono del Signore, sa anche “fruttificare”. La comunità evangelizzatrice è sempre attenta ai frutti, perché il Signore la vuole feconda. Si prende cura del grano e non perde la pace a causa della zizzania. Il seminatore, quando vede spuntare la zizzania in mezzo al grano, non ha reazioni lamentose né allarmiste.(PAPA FRANCESCO, Evangelii Gaudium, 24)
Inoltre il testo di Luca ci dice che “quella” parte (la migliore) non le sarà mai tolta. Già: chi può impedire a Dio di parlare al cuore dell’uomo? Forse i social network, forse gli effetti inebrianti di una società che tende a marginalizzare le povertà per esaltare la finzione del successo e del mercato? Forse le illusioni salutistiche? Forse lo stordimento causato dalle varie dipendenze psicologiche e cliniche?
35Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? 36Come sta scritto:
Per causa tua siamo messi a morte tutto il giorno,
siamo considerati come pecore da macello.
37Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori grazie a colui che ci ha amati. 38Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, 39né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore. (Rm 8, 35-39)
Il cammino sinodale dell’anno pastorale 2022-2023 sarà articolato in quattro cantieri, cui saremo chiamati a partecipare in modo articolato. Verranno esplicitati nelle assemblee che apriranno l’anno pastorale. Sarà un percorso che proverà ad aprirsi ulteriormente al mondo esterno alle comunità ecclesiali, ampliando il raggio di azione che già nell’anno passato abbiamo esplorato con gli incontri rivolti agli ambienti di lavoro: approfondiremo tali iniziative. Inoltre ci sarà un ampio spazio dedicato agli operatori pastorali delle nostre parrocchie per riflettere sulle relazioni all’interno delle comunità e sull’interazione tra sacerdoti, religiosi e laici. Dedicheremo anche una riflessione condivisa in stile sinodale alla dimensione del servizio e all’articolazione dei ministeri nelle comunità e nel confronto con la società civile.
Nel corso del mese di ottobre, inoltre, sarà attivata la Scuola della Tenerezza, che si propone come cammino di formazione e di spiritualità rivolto alle famiglie di entrambe le Diocesi. Proseguirà la sua attività Spazio famiglia, il servizio di consulenza familiare a disposizione per i nostri fedeli, con sede in Civitavecchia. Cercheremo di potenziare la rete di relazioni tra famiglie, avviata nel corso dei mesi estivi. Inizierà un nuovo ciclo di incontri della Scuola di formazione per consulenti familiari (con sede in Civitavecchia). La ricchezza delle Scuole diocesane di Teologia (in entrambe le Diocesi) offrirà anche nel presente anno pastorale possibilità abbondanti per chi desidera approfondire il proprio cammino formativo.
Spero che nel corso di questo anno possa prendere avvio un’iniziativa per avvicinare i giovani che sono dispersi e che vivono la notte nelle piazze delle nostre città, in una sorta di “ospedale da campo” secondo una felice intuizione nata a Roma negli anni passati.
Proseguirà anche il lavoro delle Commissioni per la pastorale sociale delle due Diocesi, con iniziative comuni che riguarderanno aspetti che coinvolgono i nostri territori, con una sguardo alla prospettiva delle comunità energetiche. Inoltre cercheremo di dare solidità all’impegno per la custodia del creato, che ha visto in questo mese di settembre iniziative significative e profetiche. Tutto questo mentre l’attività ordinaria delle nostre comunità seguirà il cammino consueto, sempre con entusiasmo e con generosità. Penso spesso al grande lavoro formativo che compiamo, con umiltà e con discrezione: sento il dovere gioioso di dare lode al Signore per la dedizione dei nostri sacerdoti e di tanti laici che collaborano attivamente con loro!
Sarà, dunque, un anno intenso, in cui avremo molte occasioni di incontrarci e di vivere il confronto fraterno.
Vi benedico tutti con grande affetto, chiedendo a Maria, nostra Madre, Madre della Chiesa e Regina della pace di custodire il nostro itinerario ecclesiale.
✠ don Gianrico, Vescovo