Il ‘Piccolo Niente di Gesù‘ ha raggiunto l’onore degli altari
Presieduta dal cardinale Amato, la celebrazione si è svolta domenica scorsa a Nepi
‘Caro Gesù piuttosto che offenderti fammi morire, Gesù te lo prometto, sarò tutta tua, per sempre tua‘.
Queste non sono le parole di una ragazza che dopo aver trascorso gli anni dell’infanzia e dell’adolescenza, si appresta ora, in età matura, a fare la scelta fondamentale della vita. No. Sono parole dette da una bambina di appena sette anni il giorno della Prima Comunione. Questa bambina è Cecilia Eusepi.
Quando si è piccoli si dicono tante cose e si fanno tante promesse, crescendo, poi, si cambia e si dimenticano le promesse fatte. Così è per tanti, ma non per tutti. Cecilia rientra in queste eccezioni. A sette anni dimostra di avere una maturità di fede paragonabile a una persona adulta, questo è dimostrato dal fatto che manterrà fino all’ultimo l’impegno che si era presa con Gesù, quel 2 ottobre 1917, quando per la prima volta lo ricevette nel suo cuore.
Le parole di Cecilia indicano anche un obiettivo, quello della santità, non sempre facile da raggiungere, soprattutto quando qualcun altro fa’ del tutto per ostacolarti. Nel caso di Cecilia, questo qualcun altro è la malattia. Ha provato in tutte le maniere a scoraggiarla, a farla rinunciare all’impegno preso, ma Cecilia non demorde, come S. Paolo ripete: ‘Quando sono debole, è allora che sono forte‘ (2Cor 12,10). Impara ad amare la sofferenza (Cf Diario, 8 febbraio 1928), questa diventa il banco di prova del suo amore a Gesù fino all’ultimo giorno della sua vita, quando, dopo essersi comunicata per l’ultima volta, trova la forza per cantare l’inno che aveva imparato da bambina e cantato il giorno della Prima Comunione. Terminato questo, ripete anche le parole di S. Teresa di Lisieux: ‘Morir d’amor, o qual martirio santo! Ed è pur quello che vorrei soffrir! Sciogliete, o cherubini, il vostro canto, l’esilio mio, lo sento, è per finir! Deh compi il sogno mio, dolce Signore, fammi morir d’amore!‘. Morirà la notte seguente.
Della santità di Cecilia si erano resi conto in diversi: le monache Cistercensi del monastero di S. Bernardo, il p. Gabriele M. Roschini e altri suoi confratelli Servi di Maria, i familiari di Nepi e di Monte Romano. E’ qui che Cecilia nasce il 17 febbraio 1910, ed è qui che trascorre ininterrottamente i primi cinque anni della sua vita, comportandosi come una normale bambina che ama giocare e fare i capricci. Qui frequenta la scuola materna comunale. Lo scoppio della prima guerra mondiale e la chiamata al fronte del fratello Vincenzo, sono il motivo per il quale la piccola Cecilia e l’anziana mamma Paolina, lasciano Monte Romano per andare a Nepi, dallo zio Filippo Mannucci, che lì era fattore presso l’azienda agricola ‘La Massa’, di proprietà dei duchi Grazioli Lante della Rovere.
L’odore della santità di Cecilia, dicevo, raggiunse presto Monte Romano. Più volte, infatti, la mamma e lo zio vi ritornarono per visitare gli altri parenti, narrando loro la vicenda eroica di questa ragazza, morta ad appena diciotto anni. Inizia così quel legame forte tra Cecilia e i monteromanesi che non si è mai interrotto: i primi pellegrinaggi organizzati con vetture a noleggio, poi il camion che per sedili aveva ‘balle di paglia’, fino ad arrivare ai confortevoli autobus degli ultimi anni.
Ora l’odore della santità di Cecilia ha raggiunto il mondo intero, perché da domenica scorsa è stata proclamata Beata e, quindi, iscritta all’albo dei beati della Chiesa universale. Già l’opera missionaria del Gruppo ‘Cecilia Eusepi’, della parrocchia Santo Spirito di Monte Romano, aveva contribuito notevolmente a far conoscere il nome e la spiritualità di Cecilia in diverse parti del mondo. Domenica scorsa, però, le parole pronunciate dal papa Benedetto XVI durante l’Angelus in piazza S. Pietro, hanno fatto veramente il giro del mondo.
Il papa ha messo in evidenza la fede incrollabile e la grande capacità di sacrificio per la salvezza delle anime, vissuti da Cecilia negli ultimi due anni della sua vita, quando, unita a Cristo crocifisso, ripeteva: ‘E’ bello darsi a Gesù, che si è dato tutto per noi‘.
Il pomeriggio di questo stesso giorno si è celebrata a Nepi la solenne beatificazione, presieduta dal cardinale Angelo Amato, Prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi, concelebrata da sei vescovi – tra questi Mons. Romano Rossi di Civita Castellana e Mons. Luigi Marrucci, nostro vescovo diocesano – e da numerosi sacerdoti. Presenti circa quattromila fedeli, devoti di Cecilia. Circa duecento i monteromanesi presenti a Nepi (tra quelli in piazza della Bottata e nella chiesa di S. Tolomeo), molti di più ne sarebbero accorsi se avessimo avuto più posti a disposizione! La celebrazione è stata bella e, per noi che amiamo Cecilia, anche commovente. Il cardinale, durante l’omelia, ha messo in evidenza due grandi virtù di Cecilia, vissute in modo straordinariamente eroico: la Fede, che ella dimostrava soprattutto verso la SS. Eucaristia e l’Umiltà praticata durante la sua breve esistenza, tanto da definirsi: ‘Il Niente di Gesù‘. Poi il cardinale ha proseguito cogliendo due messaggi che l’esperienza di Cecilia ci offre. Questi due messaggi, Mons. Amato, li ha rivolti in modo particolare ai giovani, coetanei di Cecilia, e sono: la Fortezza, che bisogna avere durante le prove della vita e la Speranza, che non va mai persa, nemmeno nei momenti difficili. A conclusione, il porporato ci ha ricordato che il valore di una vita non si calcola dal numero degli anni, ma dall’intensità dell’amore con la quale è stata vissuta.
Il momento più emozionante, però, è stato quando si è scoperto il grande arazzo che s’innalzava imponente sulla piazza, raffigurante il volto di Cecilia. Il lungo e scrosciante applauso, lo sventolio dei fazzoletti, il canto dell’inno della beata Cecilia Eusepi e il suono a distesa delle campane (in quel momento anche le campane delle due chiese di Monte Romano hanno suonato a festa), hanno solcato di lacrime il viso di tanti, soprattutto quello di noi monteromanesi, che per anni e anni avevamo atteso questo momento. La tenacia dei tanti pellegrinaggi, delle tante preghiere e, mi sia concesso, delle tante offerte elargite per finanziare il processo di beatificazione, hanno visto in quel momento il loro coronamento.
Chissà che festa in Paradiso – magari proprio insieme alla beata Cecilia – hanno fatto le tante generazioni di nostri compaesani, che per tutta la loro vita avevano desiderato ardentemente di vivere questa giornata!
Ci sarebbe piaciuto riavere Cecilia a Monte Romano, anche solo per un giorno, nella chiesa da dove, rigenerata al Sacro Fonte, era cominciata la sua esperienza cristiana. Non ci è stato concesso. Pazienza! ‘Cecilietta’ (così è chiamata dai monteromanesi) è stata sempre motivo di vanto per tutto il paese – anche perché ha scelto di intercedere il miracolo che l’ha portata alla gloria degli altari, proprio a Monte Romano – ora lo sarà ancora di più. Proseguiremo quel cammino iniziato dai nostri avi con la stessa tenacia, comunicandolo alle generazioni future, affinché questo candido Giglio, sbocciato nel giardino di Monte Romano, possa raggiungere il riconoscimento più alto, ovvero il titolo di «Santa».
‘Nel suo silenzio l’anima fiorisce e come palma cresce nella luce. Cos’ì t’innalzi, piccola Cecilia, portando frutti di grazia e verità‘. Sono queste le parole della prima strofa dell’inno della beata Cecilia Eusepi, composto da Mons. Frisina.
Questi frutti di grazia e di verità sono proprio quelli di cui abbiamo bisogno tutti, cara Cecilia, sono la pioggia di gigli da te promessa e di cui ci vogliamo rinfrescare, affinché, tanto a Monte Romano, quanto nella nostra diocesi, come nel mondo intero, possano regnare sempre quella Fede, quell’Amore e quell’Umiltà che compongono il tuo messaggio spirituale e che ora ci consegni come eredità da far fruttificare.
don Roberto Fiorucci