“Servire la chiesa nella comunione fraterna”

La lettera del Vescovo Luigi alla Diocesi per la Quaresima

Cari amici,
la scorsa settimana, dal 7 al 9 febbraio, si è svolta a Roma presso la tomba dell’Apostolo Pietro la visita ‘ad limina’ che la Chiesa di Civitavecchia-Tarquinia, come tutte le diocesi della cattolicità, compie, ogni cinque anni circa, ai dicasteri della Santa Sede e che culmina con l’udienza del Santo Padre.
La visita serve a presentare una sintesi del cammino pastorale e dell’amministrazione che la Chiesa – vescovo, sacerdoti e laici – compie per realizzare il Regno di Dio e impegnare tutti nella edificazione di una comunità che vive la comunione, affrontando insieme le difficoltà del momento presente ed evidenziando i molti aspetti positivi che favoriscono la crescita spirituale.
Gli incontri si sono svolti in modo collegiale: i vescovi del Lazio hanno presentato la loro relazione alle varie Congregazioni e Consigli Pontifici.
 
Che cosa posso dire di questi incontri ai miei fratelli nella fede per aiutarli nel cammino spirituale verso la Pasqua del Signore?
Prima di tutto, abbiamo vissuto tre giorni intensi nella preghiera e nell’amicizia, il cui vertice è stata la Celebrazione Eucaristica sulla tomba dell’apostolo Pietro.
La vita del cristiano è essenzialmente vita di preghiera.
La beata Madre Teresa di Calcutta, oberata di problemi, assillata da innumerevoli richieste in tutti i campi dell’emarginazione, con oltre cinquemila suore sparse nei vari angoli della terra, non esitava a dedicare nella sua giornata quattro ore alla preghiera e all’adorazione eucaristica. Dall’Eucaristia celebrata e adorata traeva la forza per la sua vita attiva, nell’assistenza dei tanti poveri che ogni giorno serviva. Per lei la Messa durava tutta la giornata. L’aver incontrato e contemplato Gesù, Figlio di Dio, nel segno sacramentale, successivamente lo riconosceva e lo viveva in ogni essere umano.
La nostra vita, cari amici, deve relazionarsi sempre più al Mistero Eucaristico.
Senza l’incontro prolungato con il Signore, come vivere il cammino della fede? Come aprirci alla carità, al perdono in cui la fede si rende operosa e concreta? Come servire i fratelli senza essere ripieni dell’amore di Gesù?
Se leggiamo bene il Vangelo, vediamo come Gesù, per la preghiera, sacrificava volentieri anche la carità. E Madre Teresa aggiungeva: ‘Gesù lo faceva per insegnarci che, senza Dio, siamo troppo poveri per poter aiutare i poveri’!
La preghiera e soprattutto l’Eucaristia, celebrata, adorata, solennizzata il Giovedì Santo e nel Corpus Domini debbono ritrovare in noi e nella nostra Chiesa di Civitavecchia-Tarquinia il vertice di un cammino di preghiera che trasfigura tutta l’esistenza cristiana; di uomini e donne che vivono l’esperienza della fede come la vissero i tre fortunati discepoli sul Tabor o come la condivisero i dodici nel Cenacolo.
Vi sono nelle nostre Parrocchie molte celebrazioni di Messe che, talvolta, lasciano a desiderare per numero eccessivo, per scarsa presenza di fedeli, per il modo celebrativo; mancano spesso ministranti, manca il canto, riservandolo forse alla celebrazione principale festiva.
Molte indicazioni sono state offerte a noi sacerdoti nell’aggiornamento che abbiamo recentemente avuto rileggendo la costituzione conciliare sulla divina Liturgia (Sacrosanctum Concilium): i sacerdoti sono invitati ad attenersi a quelle indicazioni. Sono di grande utilità e favoriranno la crescita della comunione nella Chiesa.
‘La Liturgia è azione di Cristo e della Chiesa: presbitero ordinato e assemblea celebrante prestano visibilità, voce, gesti a Cristo Capo e Corpo da renderlo presente oggi nella Chiesa, la quale  ri-presenta sacramentalmente il sacrificio del Figlio Redentore.
L’Eucaristia è culmine verso cui tende l’azione della Chiesa e fonte da cui promana tutta la sua virtù. Esige perciò partecipazione piena, consapevole e attiva da parte di tutti’ (cfr SC 7 e 10).
E ancora ‘le azioni liturgiche non sono azioni private, ma celebrazioni della Chiesa, che è sacramento di unità, cioè popolo santo radunato e ordinato sotto la guida dei Vescovi’ (SC 26).
Perciò ‘bisogna che tutti diano la più grande importanza alla vita liturgica della diocesi intorno al Vescovo, principalmente nella Chiesa Cattedrale: convinti che la principale manifestazione della Chiesa si ha nella partecipazione piena e attiva di tutto il popolo santo di Dio alle medesime celebrazioni liturgiche, soprattutto alla medesima eucaristica, alla medesima preghiera, al medesimo altare cui presiede il Vescovo’ (SC 41).
Per questo, quando è presente il Vescovo in una Parrocchia per celebrare l’Eucaristica, tutte le celebrazioni particolari di gruppi, movimenti, associazioni debbono essere convogliate e unificate in quell’unica Eucaristia, la quale esprime l’unica Chiesa di Cristo che vive nel territorio di Civitavecchia-Tarquinia.
 
La seconda riflessione che desidero porgere alla mia Chiesa e che è stata anch’essa esperienza di collegialità episcopale è la comunione che si è rafforzata tra noi vescovi e, insieme, con il Vescovo di Roma che è il Papa.
La vita di comunione è preziosa per una Chiesa che vuole vivere intensamente la fede.
Paolo, nella prima lettera ai Corinti (cfr 1 Cor 12,4-11) parla della pluralità dei doni, dei ministeri, delle attività che Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo distribuiscono a piene mani agli uomini. Ma la sorgente è unica, come unico è il bene per cui i doni sono stati elargiti. E questo genera comunione, sancisce legami, crea relazione.
Quanti carismi vedo all’interno di questa meravigliosa assemblea di cristiani che è la nostra Chiesa diocesana, ma non sempre questi doni sono spesi a vantaggio di tutti. Si preferisce talvolta spenderli in casa propria – ed è cosa apprezzabile – ma in questo modo non si diventa ‘lievito’ per far fermentare tutta la comunità.
Il racconto evangelico di Gesù (cfr Lc 10,1ss) che invia i discepoli ‘due a due’, oltre al vantaggio dello stare insieme e dell’aiutarsi reciprocamente, non è forse, come ricordano i Padri della Chiesa,  vivere la carità e creare comunione? La nostra comunione ecclesiale deve essere sempre più riflesso della Comunione della Trinità.
L’Anno della Fede ci invita a verificare anche il nostro amare la Chiesa, una, santa, cattolica e apostolica. Nella professione della fede noi ‘crediamo’ la Chiesa; poi, nella quotidianità, questa Chiesa va servita ed amata.
Le nostre dichiarazioni di amore alla Chiesa non valgono tanto per le espressioni più o meno indovinate che riusciamo ad esprimere, ma valgono per il coraggio, la fierezza, la chiarezza, la sincerità con cui sappiamo dire di amarla.
Amare la Chiesa non vuol dire soltanto amare il suo mistero che crediamo, amare l’istituzione incarnata che vediamo; vuol dire anche condividere con amore i gesti della Chiesa: la Chiesa che insegna, la Chiesa che dirige, la Chiesa che promuove la comunione e la carità.
Amare la Chiesa per amarci tra noi. Più cresce l’amore teologale per la Chiesa, tanto più noi diventiamo capaci di vivere con coerenza e pienezza il comandamento dell’amore fraterno.
Quale rapporto c’è tra l’amore per la Chiesa e l’amore reciproco all’interno del popolo di Dio, in questa Chiesa particolare di Civitavecchia-Tarquinia?
La risposta non è semplice: spesso l’amore tra di noi è sempre un problema, è sempre qualcosa che pone degli interrogativi. Se l’unità non è cementata dalla carità viene davvero da pensare che è meglio vivere da soli che male accompagnati.
Dobbiamo invece impegnarci di più a far diventare vangelo vissuto il nostro stare insieme, a  lavorare in rete all’interno della Parrocchia e della Diocesi, a condividere le esperienze pastoralmente più significative, a partecipare alle necessità e ai bisogni dei fratelli.
La nuova evangelizzazione, sulla quale il Sinodo dei Vescovi si è fermato a riflettere nello scorso ottobre, ha tra gli elementi costitutivi, insieme alla Parola e alla dimensione contemplativa della vita, la comunione ecclesiale. La Chiesa non comincia con il nostro fare, ma con il fare e il parlare di Dio, che è Amore, Comunione.
 
Infine, desidero spendere una parola sull’incontro con il Santo Padre. Come è suo stile, mi ha accolto amabilmente, col suo sorriso paterno e fraterno, interessandosi della Chiesa alla quale mi ha preposto a servire. Il sottoscritto faceva parte del terzo gruppo dei vescovi laziali.
Quando è giunto il mio momento di prendere la parola, così ho presentato la diocesi: si compone di due zone pastorali  Civitavecchia e Tarquinia, a cui si uniscono altri Comuni: Allumiere e Tolfa sul versante di Roma e Monte Romano e Montalto di Castro su quello viterbese. Sei Comuni per un totale di Kmq 786 ed una popolazione di circa 105.000 abitanti, distribuita in 27 parrocchie.
In essa svolgono il ministero 53 presbiteri, 15 diaconi permanenti, 27 religiosi, 112 religiose.
Il Papa mi ha chiesto dei sacerdoti, sapendo che una metà circa del presbiterio proviene da aree geografiche diverse da quella diocesana, ed ha sottolineato l’aspetto della comunione e della fraternità sacerdotale. Ho risposto che il mio ministero è impegnato prevalentemente in questa direzione: attenzione ai sacerdoti e alle persone consacrate, con la formazione spirituale e permanente, rimanendo accanto alle situazioni di difficoltà, comprese quelle economiche.
Ho sottolineato inoltre l’impegno per la pastorale familiare, giovanile e vocazionale; il dialogo con le Chiese evangeliche e quella ortodossa, presenti nel territorio; l’animazione e la partecipazione alla vita dei movimenti e delle associazioni, lievito per tutta la pastorale diocesana.
            L’ultimo cenno è stato sulla Madonna, e non era la prima volta che il Santo Padre mi chiedeva, avendolo incontrato precedentemente quattro volte. La devozione alla Vergine Santa – ho detto – viene proposta tenendo presenti le indicazioni del Concilio Vaticano II e il magistero dei Sommi Pontefici, in particolare questi documenti:
–          Lumen Gentium cap. VIII (21.11.1964)
–          Marialis Cultus (esortazione apostolica del venerabile Paolo VI – 2.2.1974)
–          Redemptoris Mater (enciclica del beato Giovanni Paolo II – 25.3.1987)
E’ una devozione ‘unitiva’? mi ha interrotto il Santo Padre. Non solo, ho aggiunto, ma ci conduce a Gesù Cristo; è Lui il centro della nostra fede, è Lui l’unico nostro Salvatore.
            Ha concluso: a tutti, porti la mia Benedizione!
 
A voi, Sacerdoti, Diaconi, Religiosi, Religiose, Fedeli Laici affido queste riflessioni da cui scaturiscono numerosi impegni personali e comunitari. Chiedo al Signore la grazia di farli nostri e di attuarli per l’edificazione della sua Chiesa, come Lui la vuole e per la quale ha donato la Sua Vita.
A tutti l’augurio di un fruttuoso cammino quaresimale e la gioia di una santa Pasqua di Risurrezione!
  
                                                                                    + don Luigi, vescovo
 
 
 
 
Civitavecchia, 13 febbraio 2013, Mercoledì delle Ceneri