La Chiesa di Civitavecchia-Tarquinia celebra la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato con un pellegrinaggio a Roma. La Chiesa emigrata desidera unirsi alle radici della fede dei primi martiri cristiani con una Messa celebrata fra le mura delle catacombe di San Callisto.
Nell’anno della Fede è il Santo Padre che ci sprona ad andare alle radici ricordandoci di essere «una sola famiglia umana», una sola famiglia di fratelli e sorelle in società che si fanno sempre più multietniche e interculturali, dove anche le persone di varie religioni sono spinte al dialogo, perché si possa trovare una serena e fruttuosa convivenza nel rispetto delle legittime differenze.
Il Santo Padre Benedetto XVI, nel Messaggio per la Giornata, riprende le parole del Concilio Vaticano II quando afferma che «tutti i popoli costituiscono una sola comunità. Essi hanno una sola origine poiché Dio ha fatto abitare l’intero genere umano su tutta la faccia della terra; essi hanno anche un solo fine ultimo, Dio, del quale la provvidenza, la testimonianza di bontà e il disegno di salvezza si estendono a tutti». Così, noi «non viviamo gli uni accanto agli altri per caso».
Nella nostra Chiesa locale abbiamo la presenza di tanti immigrati; le comunità più numerosa è quella romena a cui si è aggiunta, negli ultimi periodi, una forte presenza di cittadini nigeriani. Se i primi hanno già superato le difficoltà iniziali dell’emigrazione grazie anche alle migliorate condizioni del paese di origine e all’ingresso nell’Unione Europea, i secondi barcollano nel buio, nell’incertezza, sia legale che spirituale. Tanti arrivano con il desiderio del Battesimo cristiano che in Nigeria spesso costituisce un grosso rischio, soprattutto nelle famiglie miste.
Nella parrocchia di San Pio X, chiesa che dalle origini è stata sede di immigrati – i primi fedeli sono stati i rifugiati dall’Istria – la loro presenza è costante da tanti mesi, dal loro primo arrivo; hanno trovato una comunità parrocchiale accogliente, un punto di riferimento sicuro in mezzo a tante difficoltà e tentazioni.
Le celebrazioni contengono sempre delle letture e delle preghiere anche in inglese, lingua comune per tutti i rifugiati. E’ da qui che oggi è partito un pullman per Roma, con la consapevolezza e desiderio di unione di preghiera, gli uni per gli altri, presso le catacombe dove troviamo gli arcosoli dei martiri, come anche presso la sede di Pietro, per ottenere l’indulgenza plenaria per i propri cari, da vicino e da lontano.
Anche tanti fedeli civitavecchiesi sono oggi presenti in questo pellegrinaggio, a simboleggiare una Chiesa sempre pellegrina sia nella fede che nelle prove della vita. «Tutti, dunque, – come scrive Papa Benedetto XVI nel suo Messaggio – fanno parte di una sola famiglia, migranti e popolazioni locali che li accolgono, e tutti hanno lo stesso diritto a usufruire dei beni della terra, la cui destinazione è universale, come insegna la dottrina sociale della Chiesa. Qui trovano fondamento la solidarietà e la condivisione».
Il Messaggio del Santo Padre per questa giornata trae spunto dalle parole di San Paolo: «Non stranieri ma concittadini con i santi e familiari di Dio». Più volte Dio ricorda al popolo eletto di comportarsi bene con gli stranieri in quanto anche loro sono stati in terra straniera. Nel cristianesimo, inoltre, il Bambino Gesù è stato il primo emigrato; ha dovuto fuggire in Egitto per la furia del Faraone. E quanti ‘faraoni’ perseguitano oggi la Chiesa di Cristo, e non solo in Nigeria o in Sudan.
Nella Sua lettera apostolica il papa Benedetto incoraggia iniziative di fraternità e di preghiera collettiva, esorta ogni cristiano ad un autentica fede vissuta in comunione ricordando ciò che il Talmud diceva: – Dio è sempre dalla parte di colui che soffre’.
«Per la Chiesa, – ci indica il Papa – questa realtà costituisce un segno eloquente dei nostri tempi, che porta in maggiore evidenza la vocazione dell’umanità a formare una sola famiglia, e, al tempo stesso, le difficoltà che, invece di unirla, la dividono e la lacerano. Non perdiamo la speranza, e preghiamo insieme Dio, Padre di tutti, perché ci aiuti ad essere, ciascuno in prima persona, uomini e donne capaci di relazioni fraterne; e, sul piano sociale, politico ed istituzionale, si accrescano la comprensione e la stima reciproca tra i popoli e le culture».
Don Giorgio Picu
Vicario episcopale per la Pastorale