«L’Amore di Dio rinnovi i suoi doni per essere sacerdoti, re e profeti del suo Figlio, consacrati e conquistati per essere dono alla Chiesa e al mondo intero». Così il vescovo Luigi Marrucci ha introdotto la Messa Crismale che si è svolta lo scorso 17 aprile nella Cattedrale di Civitavecchia «cenacolo di questa Chiesa».
La celebrazione eucaristica – in cui «si manifesta in modo del tutto particolare la visibilità della Chiesa diocesana» – ha aperto il triduo pasquale ed è stata concelebrata da tutto il clero della diocesi, con la partecipazione di religiosi e consacrati e una rappresentanza di animatori e collaboratori pastorali delle parrocchie. Si tratta di una liturgia, inserita nei riti della Settimana Santa, che costituisce uno dei momenti liturgici più importanti per la vita della comunità cristiana. È anzitutto la celebrazione in cui tutti, consacrati e laici, esprimono il loro sacerdozio che deriva da Gesù Cristo. Sia quello che scaturisce dal battesimo che quello ministeriale, che sgorga dal sacramento dell’ordine. Per questo, durante la liturgia, i presbiteri hanno rinnovato le promesse sacerdotali in comunione con il Vescovo.
Durante la Messa è stata inoltre invocata la benedizione di tutti gli oli sacri: quello degli infermi, dei catecumeni e l’olio per la consacrazione delle persone, dei luoghi e degli oggetti di culto.
Nell’omelia (testo integrale), il vescovo si è soffermato n modo particolare sulla figura del consacrato: persona «conquistata da Dio» e per questo «regalata alla Chiesa per la vita del mondo».
«L’imposizione delle mani – ha spiegato ai confratelli nel sacerdozio e nel diaconato -, ci ha trasmesso lo Spirito del Signore che non è un ruolo, una funzione, una professione, è l’amore della Trinità in noi: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo uniti nell’amore che vengono a sigillare la nostra povera persona perché sia dono di amore». Il presule ha poi aggiunto che «la povertà, la castità, l’obbedienza che abbiamo promesso e che rinnoveremo, altro non è che la nostra confessione di amore. È dall’amore a Gesù Cristo che nasce il nostro ministero nella Chiesa».
«Il presbitero – ha spiegato – deve lasciarsi plasmare dal servizio a cui è chiamato perché la sua vita diventi sempre più conforme alla vocazione ricevuta. Il ministero stesso educa a svolgere il ministero. E spesso dobbiamo lasciarci condurre su una strada che non si conosce, una strada che non siamo noi a scegliere, ma alla fine della quale si trova la condivisione con Colui che ci ha chiamati».
Il vescovo Marrucci si è poi soffermato sul secondo aspetto, quello del consacrato «dono per il mondo». «Le difficoltà, le delusioni, il faticoso pescare nella notte senza prendere nulla, il nostro modo di relazionarci tra noi e con la gente o di metterci al loro servizio ci hanno talvolta scoraggiato, hanno spento la gioia della prima ora. Ricordiamolo: Cristo ci ha messo nelle mani ciò che ha più amato, ciò che gli è costato sangue e per cui ha donato la vita, la sua Chiesa». «La Chiesa, sacramento di Cristo, nata dal suo cuore trafitto è in mezzo agli uomini, è segno della sua presenza che annuncia, perdona, guarisce. E la Liturgia che celebriamo non è soltanto rito, ma opportunità di incontro con il Risorto, incontro sempre nuovo e, per chi si lascia incontrare, sempre rigenerante nella grazia».
«Amiamo le nostre comunità più di noi stessi – ha invitato i consacrati -, nonostante le molte nostre debolezze e miserie. Dio non ci ha tolto nulla e, se di qualche cosa ci ha privato, è solo per far posto a qualcosa di più grande. Sia Lui il centro della nostra vita; su Gesù Cristo, l’unico Maestro, siano fissi i nostri occhi». «Il servizio e l’amore per la Chiesa e il dono della vita per il mondo, richiedono soltanto preghiera, silenzio e generosità. La nostra Chiesa deve imporsi nelle comunità, di cui siamo pastori-servi, con la qualità della nostra vita interiore e con la testimonianza della nostra donazione».