«Non si tratta di essere pro o contro, di sottolineare più le virtù che le vertigini, i benefici piuttosto che i danni. Non si tratta di andare contro la tecnologia ma di contrastare il suo abuso, la sovraesposizione alla rete, la possibilità che invece di arricchire impoverisca le relazioni». Don Ivan Maffeis, sottosegretario della Cei e direttore dell’Ufficio nazionale delle comunicazioni sociali, ha entusiasmato i numerosi partecipanti che lo scorso 4 ottobre hanno affollato la Cattedrale di Civitavecchia per il convegno ecclesiale che ha aperto l’anno pastorale. È stato il relatore dell’incontro che ha avuto per tema «Internet: dono di Dio o dell’uomo? Come “abitare” la rete». Il convegno che si è aperto con la preghiera dei vespri (nel box l’omelia), è stato introdotto dal vescovo Luigi Marrucci spiegando che «più volte, i genitori che ho incontrato durante le visite pastorali, hanno chiesto di non essere lasciati soli nell’educazione dei ragazzi di fronte a questi nuovi ambiti della relazione». A don Maffeis il compito di aiutare i presenti – educatori, catechisti, insegnanti e membri dei consigli pastorali delle parrocchie – «a leggere la complessità di questo nostro tempo, evitando di ridurre tutto in buono o cattivo». Il relatore ha prima tracciato un profilo della “cultura digitale”, un ambito che coinvolge tutte le generazioni: 9 anziani su 10 hanno dichiarato di utilizzare WhatsApp, in Italia si controlla mediamente il telefono ogni sei minuti e la metà delle persone non lo stacca mai. Un uso della tecnologia che ha sicuramente comportato un approccio completamente diverso ai fenomeni culturali: si è persa l’intermediazione, soprattutto nell’ambito dell’informazione. Quelli che prima erano i fruitori dei contenuti – lettori di libri e giornali, telespettatori – al giorno d’oggi possono diventare i produttori di informazione attraverso i social network. «Questa effettiva possibilità di partecipazione può esporre a confusione tra chi prende la parola con cognizione di causa e chi lo fa senza competenze». Altre tendenze riguardano poi i contenuti: «notizie che innescano un alto coinvolgimento emotivo e richiedono una scarsa attivazione delle capacità cognitive; la tendenza a «sottrarsi a tutto ciò che è dissonante per chiudersi in una cerchia di rapporti ristretta e rassicurante», tendenza questa che è favorita anche dagli algoritmi dei motori di ricerca ispirati alla «centratura dei gusti». In questo contesto, ha spiegato don Maffeis, «si apre la partita dell’educazione che vede coinvolti, insieme, famiglia, scuola, tecnologia, media e sistema educativo». Di fronte agli adolescenti iperconnessi, gli adulti «sono chiamati ad esserci con competenza tecnica, disponibilità e pazienza». Questo favorendo un «uso più sporadico della tecnologia» con chiare regole riguardo i tempi di consumo; promuovendo alternative che portino ad «alzarsi dal divano» e passare più tempo con gli altri, con l’aiuto della parrocchia dell’oratorio e delle associazioni sportive; «vigilanza e discernimento per aiutare a sviluppare senso critico» per educare a pensare e vagliare le fonti.