Il lavoro al centro di ogni patto sociale: è quello che auspicava Papa Francesco parlando ai lavoratori dell’ILVA di Genova il 27 maggio dello scorso anno. Quando ha messo in evidenza la «gioia per quello che si è generato insieme».
Cosicché il “travaglio” del lavoro finisce per somigliare alle doglie del parto. Concetti rivoluzionari, oggi che il lavoro è asservito alle esigenze dei consumi e del profitto, come ci ricordano i Vescovi nel loro Messaggio per la Giornata del 1° maggio. «La quantità, qualità e dignità del lavoro – scrivono – è la grande sfida dei prossimi anni per la nostra società nello scenario di un sistema economico che finisce per schiacciare le esigenze del lavoro».
Assistiamo così alla violazione della dignità delle persone, con una disoccupazione che tocca tassi vertiginosi, specie tra i giovani – che nel nostro territorio tocca il 48% secondo i dati ufficiali del Centro per l’impiego – ed al fenomeno dei lavoratori poveri, che sembra una contraddizione in termini ma nasconde la triste realtà di quanti, pur lavorando, con lo stipendio non riescono a mantenere la propria famiglia.
Se andiamo a vedere quel che ci dice la Dottrina sociale sul lavoro – il diritto ad una giusta remunerazione; al riposo; ad ambienti di lavoro e processi produttivi che non pregiudichino la salute; il diritto che sia salvaguardata la propria personalità sul luogo di lavoro; il diritto alla pensione; alla tutela della maternità; il diritto di riunirsi e di associarsi; il diritto di sciopero – si resta basiti di fronte al fatto che questi diritti, che oggi sembrano fantascienza, erano la normalità fino a metà degli anni Novanta. Come è stato possibile allora che ci venissero scippati, uno dopo l’altro, nel silenzio passivo di tanta parte della società civile?
Oggi, ci ricorda ancora il documento della Cei, non possiamo neppure pensare al divario tra Nord e Sud del mondo con una connotazione geografica: ci sono tanti Nord e Sud dentro ciascuna delle nostre città.
Il documento propone tre soluzioni possibili: rimuovere gli ostacoli per chi il lavoro lo crea, avere istituzioni formative all’altezza delle sfide della Quarta Rivoluzione Industriale, garantire una rete di protezione per i soggetti più deboli. C’è poi un altro aspetto, che riguarda chi il lavoro ce l’ha e può essere soggetto a due derive opposte ma altrettanto perniciose: la scissione tra lavoro e vita oppure sovrapporre la vita e il lavoro, facendone così un idolo.
Sono tutte questioni di fronte alle quali non possiamo far finta di niente, che interpellano anzitutto noi cristiani, chiamati a coinvolgere su certi temi le nostre comunità evitando che le attività di culto restino separate dalla vita quotidiana “fuori dal tempio”. Secondo i vescovi, è «innanzitutto necessario innovare il nostro metodo di azione. Farsi prossimo agli ultimi, comprendere e condividere le loro urgenze».
È la questione, tanto cara a Papa Benedetto, di garantire una feconda dialettica tra fede e regione, tra fede e contesto sociale.
Domenico Barbera
Pastorale sociale e del lavoro
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