«Fissare lo sguardo su Gesù è indispensabile, per essere autentici evangelizzatori, vicini all’uomo, accoglienti, pellegrini sulla strada di ciascuna esistenza». È l’invito fatto dal vescovo Luigi Marrucci per la giornata missionaria nell’omelia svolta domenica 22 ottobre alla Cattedrale di Civitavecchia durante la celebrazione eucaristica con l’ordinazione diaconale di Pier Luigi Capuani, Valeriano Romanelli e Carlo Campetella.
«La domenica missionaria – ha detto il vescovo -, non è semplicemente “giornata missionaria”; è la Pasqua settimanale che fa della vita dei battezzati una “vita in missione”, dove i discepoli del Signore si fanno portatori del Vangelo, a tutti, in tutti i modi e in tutte le circostanze».
Numerose le persone che hanno partecipato alla celebrazione: presenti le comunità parrocchiali di Civitavecchia a cui appartengono i tre ordinandi – San Gordiano, Sant’Agostino e la Santissima Trinità – insieme anche alle comunità neocatecumenali e del Rinnovamento nello Spirito di cui i candidadi condividono il cammino. L’animazione della liturgia, curata dal parroco monsignor Cono Firringa, ha visto la partecipazione dei tre cori della diocesi diretti dal maestro Luigi Mattei con l’organista Luca Purchiaroni.
«La vocazione – ha detto monsignor Marrucci durante l’omelia rivolgendosi ai tre diaconi (testo integrale) -, non è un’iniziativa personale; tutto parte da Dio che si mette in gioco nella vicenda umana coinvolgendo gli uomini e provocandoli a lasciarsi compromettere dal dinamismo del suo Amore». Questo perché, ha spiegato «il cristianesimo è l’evento di una parabola scandalosa, è l’evento di un Dio che non si innalza al di sopra di sé, ma si abbassa al di sotto degli uomini, assumendo la condizione di servo, esercitando la diaconia nei confronti delle sue creature». «L’icona del diacono – ha poi sottolineato – è l’icona stessa di Cristo in mezzo alla comunità; Gesù ci vuole così, per questo si propone, diviene modello, attende che a poco a poco ci si rivesta di lui; sa accoglierci come siamo e sa modellarci come lui vuole».
Il diaconato, ha ricordato il presule, «è vivere in umile fedeltà a Gesù Cristo e al Vangelo, senza dimenticarci l’umanità, che sta alla base di ogni cammino». Per il diacono permanente – ha poi sottolineato – «alla spiritualità che nasce dal sacramento dell’Ordine si unisce la spiritualità sponsale e familiare: entrambi canali di grazia e di misericordia». La luce di Cristo, ha poi messo in evidenza, «deve risplendere nella nostra casa», poiché questa è la fraternità «con la sua porta sempre aperta ad accogliere, ad offrire perdono, a farsi prossimo a tutti». «La molteplicità delle relazioni che occupano la nostra giornata – ha ricordato – devono aiutarci a custodire la propria interiorità. La spiritualità del ministro ordinato sgorga dal ministero e vive del ministero».
L’attenzione alla chiamata, ha detto il presule, affonda le radici nell’amicizia con Gesù e si concretizza attraverso l’esistenza. Così, ha spiegato, «occorre unire sempre e l’incontro con il Signore e il servizio ai fratelli per non vivere un falso intimismo o una dispersione che porta ad essere più funzionari del religioso, anziché amici di Dio e dei fratelli. Il rischio c’è per la ripetizione degli atti quotidiani che possono tenere il cuore lontano dalla preghiera, dalla meditazione, dall’ascolto della Parola, dall’adorazione». Da qui la necessità di una formazione permanente che, per i diaconi, è fatta dall’eucaristia quotidiana, la liturgia delle ore, la confessione sacramentale e la direzione spirituale. «Se non ricorriamo a questi strumenti – ha invitato il vescovo – il nostro ministero diviene una routine arida e siamo immagine sbiadita di uomo e di Dio, incapaci quindi di incidere nella nostra e altrui esistenza».