intervista

«Una Chiesa, maestra di umanità che sta dentro la città»

Il vescovo racconta a Lazio Sette, settimanale della Conferenza episcopale del Lazio, il suo primo mese nella nuova diocesi

Un’accoglienza «straordinaria» caratterizzata da «relazioni vere», «segni concreti di umanità» e da una «grande vivacità». Descrive così il vescovo Gianrico Ruzza il suo primo mese nella diocesi di Civitavecchia-Tarquinia. Nominato da Papa Francesco a succedere a monsignor Luigi Marrucci, ha iniziato ufficialmente il suo mandato pastorale il 25 luglio scorso. Approfittando del periodo vacanziero, monsignor Ruzza ha visitato le diverse comunità parrocchiali della diocesi, i movimenti, le associazioni e anche le diverse rappresentanze istituzionali.
Che impressione ha avuto?
Ho notato una grande vivacità nelle diverse iniziative proposte. Ognuno, nei diversi ambiti territoriali e con il carisma che gli appartiene, le vive con originalità e secondo cultura e tradizioni. Tutto questo in contesti dove ho riscontrato grande disponibilità al servizio. Penso che un lavoro da fare sia quello di raccordare in comunione tutte queste esperienze.
Quali aspetti l’hanno colpita di più?
Anzitutto la creatività e l’originalità dei servizi: vi sono esperienze pastorali di ogni tipo. Ho trovato anche quelli che ritengo dei piccoli gioielli, soprattutto nell’ambito della carità, delle comunità di recupero per tossicodipendenti o i volontari per i malati oncologici.
Ci sono poi realtà come Il Ponte e la Repubblica dei Ragazzi che sono uniche di questo territorio; esperienze che sono frutto di sacerdoti che hanno dato tutto per il popolo, l’hanno fatto con passione ma anche con spirito mistico.
Sono azioni pastorali che nascono da un profondo radicamento in Cristo: questo è un modello ed è anche una speranza affinché arrivino altre vocazioni al sacerdozio, perché di queste siamo un po’ poveri. Vorrei promuovere una pastorale specifica con un’azione più ampia approfondendo la vocazione come ministerialità nella Chiesa che riguardi anche il matrimonio e la vita religiosa.
Un altro aspetto che mi ha molto colpito è la radicata fede nella Madonna, proprio a lei affideremo la preghiera per le vocazioni.
Ha detto che vuole «una Chiesa dentro la città».
Penso che la Chiesa debba essere protagonista nella vita civile non per imporre le sue idee ma per dare il suo specifico. Paolo VI affermava che «la Chiesa è maestra di vita», per questo siamo chiamati a fare un servizio con la nostra esperienza e con uno specifico che non ha eguali nell’umanità e che ci deriva da alcuni valori irrinunciabili.
Sui temi della giustizia e dell’impegno sociale è importante dialogare con tutti e cercare ambiti di concertazione: il compito di un credente nella vita civile è quello della mediazione, non quello dell’integralismo.
Ha indicato come priorità la famiglia, il lavoro e gli anziani.
Gli anziani in quanto la nostra è una società che tende sempre più ad invecchiare. La famiglia perché si deve ripartire dal luogo dove si trasmettono l’educazione e la fede, soprattutto adesso che è chiamata a vivere le sfide complesse della diversità ed è lasciata sola dalla società civile.
L’altra priorità è il lavoro perché temo che già dal prossimo anno, quando termineranno le misure di emergenza, esploderà nel pieno una crisi occupazionale.
Tutto questo in uno stile di Chiesa che deve essere giovane, perché i giovani sono l’elemento portante. Ad ottobre inizieremo con la “Scuola della Parola”, partiremo dai loro dubbi e dalle loro domande.
Il mio sogno è quello di ripensare ad una evangelizzazione popolare capillare che rimette al centro l’annuncio del vangelo della salvezza di Gesù Cristo.