Un «discernimento» guidato da un cuore «docile e plasmabile alla grazia divina» con «azioni pastorali che decideremo di vivere insieme, in spirito sinodale». È il mandato che il vescovo Gianrico Ruzza offre alla Chiesa di Civitavecchia-Tarquinia per essere come «una rete gettata nel mare». È stato il nuovo presule, nella celebrazione eucaristica che ha presieduto ieri nel Forte Michelangelo per l’inizio del suo servizio pastorale, a indicare un cammino diocesano che «come già è avvenuto nel passato, può muovere i suoi passi da questa scelta chiara: ascoltare il Signore che ci parla e ci chiede di porre le nostre intelligenze al servizio dell’edificazione del Regno di Dio».
Il vescovo è stato accolto all’ingresso della Cattedrale di San Francesco da una comunità festante che lo ha accompagnato a prendere possesso della “cattedra”. Una breve cerimonia dove è stata data lettura del decreto di nomina papale a cui sono seguiti i saluti del clero della diocesi, dei sindaci dei sei comuni in cui questa si estende e dei rappresentanti delle istituzioni.
Al termine, in processione liturgica insieme ai presbiteri e ai vescovi della Conferenza episcopale del Lazio che sono intervenuti, accompagnato dalle due bande musicali della città, monsignor Ruzza ha attraversato il centro storico per recarsi all’interno del Porto dove ha presieduto la celebrazione eucaristica con oltre mille persone in rappresentanza delle comunità parrocchiali, dei movimenti e delle associazioni ecclesiali. Molti anche i fedeli giunti da Roma, diocesi di origine del pastore.
La Messa è stata introdotta dal vescovo emerito, monsignor Luigi Marrucci, che ha acclamato il successore come «il dono di Dio per questa Chiesa particolare che, nel suo nome porta la pace, cioè dona Gesù Cristo» (il testo integrale del saluto).
Nell’omelia (il testo integrale), monsignor Ruzza ha delineato quello che desidera per la sua nuova missione: «Vorrei che il discernimento guidasse ogni futuro passo del nostro cammino diocesano, soprattutto alla luce degli eventi dei mesi scorsi che ci chiedono di ripensare le modalità dell’annuncio evangelico e di innovare lo stile della presenza nel mondo per poter efficacemente offrire la speranza di Cristo al mondo frantumato e scosso dalla crisi della pandemia».
Il pastore ha poi sottolineato le «molteplici attenzioni» a cui la comunità è chiamata per essere presente significativamente nella vita delle città: il sostegno alle famiglie; la prossimità con i poveri e tutti coloro che sono in difficoltà; il mondo del lavoro, «penso al nostro Porto e alla crisi occupazionale»; «l’altissima considerazione che dovremmo avere per gli anziani, uno dei tesori più preziosi di questa comunità».
«Penso – ha detto – che l’entusiasmo con cui vorremmo annunciare il Vangelo debba essere “giovane”, fresco, spontaneo, capace di suscitare linguaggi nuovi, adeguati ai tempi, vicini ai giovani».
Dal presule anche l’invito a una comunità che sappia essere aperta: «dinanzi a questo mare, sento il desiderio di andare a pesca con tutti voi di quegli uomini e di quelle donne che – anche senza saperlo – sono in attesa del pescatore, per incontrare il loro Signore e trovare, in tal modo, la vera gioia».
Da Ruzza l’invito alla «sinodalità» per «arricchire e dare sviluppo a tutte le azioni pastorali che decideremo di vivere insieme con un’attenzione specifica a essere sempre una Chiesa che rinuncia alla mondanità e si proietta verso l’esterno, uscendo dai propri ambiti e luoghi tradizionali per ascoltare la sofferenza degli uomini e accompagnarli nel loro cammino, annunciando la gioia di Cristo Risorto».
«La forza dell’annuncio cristiano – ha concluso il presule – è proprio nella consapevolezza di un amore che non si esaurisce come le realtà contingenti e di una chiamata alla relazione fondamentale con Colui che ci ha creati, che ci ha salvati, che continua a condurci e ad accompagnarci nei sentieri della vita».