Il quinto centenario della Riforma luterana è il tema al centro del Convegno diocesano che si è aperto il 5 ottobre nella Cattedrale di Civitavecchia e che continuerà con altri due appuntamenti nel corso del mese. È stato il cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, il protagonista dell’incontro di apertura dell’anno pastorale con un’analisi storica della Riforma e del cammino dell’ecumenismo.
Ad introdurre il cardinale è stato il vescovo Luigi Marrucci che, salutando i pastori delle tre Chiesa evangeliche di Civitavecchia intervenuti all’incontro, ha sottolineato come «la nostra Chiesa si unisce ai fratelli e alle sorelle delle Chiese cristiane per celebrare il quinto centenario della Riforma». «La ricorrenza – ha detto il presule – offre un’opportunità singolare per familiarizzare con la ricchezza delle comunità ecclesiali nate in seno al movimento riformatore. La nostra Chiesa particolare, proseguendo il cammino da tempo intrapreso, percorre la via del dialogo e cammina insieme alle Chiese sorelle, presenti nel territorio, per essere quell’autentico “sacrificio spirituale” che il Padre gradisce». (Intervento integrale del vescovo Luigi Marrucci)
Punto di partenza della relazione del cardinale Koch è stata la dichiarazione congiunta, di papa Francesco e del vescovo Younan, presidente della Federazione luterana mondiale, sottoscritta lo scorso anno in Svezia. «Mentre siamo profondamente grati per i doni spirituali e teologici ricevuti attraverso la Riforma – scrivono – confessiamo e deploriamo davanti a Cristo il fatto che luterani e cattolici hanno ferito l’unità visibile della Chiesa». Due aspetti – di grazia e di pentimento – che, secondo il cardinale, vengono vissuti in modo diverso perché «i luterani collegano la Riforma essenzialmente alla riscoperta del Vangelo della giustificazione dell’uomo per sola grazia divina della fede; i cattolici associano alla Riforma, in particolare, la divisione della Chiesa e la perdita dell’unità». Per Koch «una commemorazione comune deve prendere in egual misura entrambe le realtà». (Intervento integrale del cardinale Koch)
Il porporato ha poi approfondito, dal punto di vista storico, il cammino verso l’ecumenismo fino a qui percorso dalle Chiese, ricordando che in questo anno si celebra anche il cinquantesimo anniversario del dialogo nato dal Concilio Vaticano II. «Un percorso che – ha detto – ha permesso di giungere, da parte cattolica, ad un’immagine più positiva della Riforma e, da parte protestante, ad una visione differenziata della situazione in cui, nel tardo Medioevo, si trovava la cristianità occidentale».
Se da parte cattolica Lutero è stato sempre più considerato «maestro della fede» per la «profonda religiosità, spinto da una fervente passione per la questione della salvezza eterna»; in campo protestante è venuta meno la sua rappresentazione come «eroe» e «liberatore», riconoscendone il suo «radicamento nella tradizione mistica e monastica» del tardo Medioevo.
Quella di Lutero, secondo il relatore, era una delle risposte alle necessità di riforma nella Chiesa – insieme a quella degli ordini nati in Spagna e san Carlo Borromeo a Milano sorte nello stesso periodo – e solo contestualizzando la Riforma in questo ambito è possibile comprendere che con le sue tesi «non mirava alla rottura con la Chiesa cattolica e alla fondazione di una nuova Chiesa; piuttosto desiderava il rinnovamento di tutta la cristianità nello spirito del Vangelo». Questo processo ebbe il risultato della divisione «perché condizionato marcatamente da fattori politici».
Per Koch se «misericordia e riconciliazione devono essere gli orientamenti principali sul cammino ecumenico futuro», dal punto di vista dottrinale il punto di partenza va ricercato nella Dieta di Augusta del 1530 e la successiva Confessio Augustana a dimostrazione che «il rinnovamento permanente della Chiesa sulla base del Vangelo e il mantenimento dell’unità ecclesiale sono legati indissolubilmente».
Rispondendo ad alcune domande, il relatore ha anche tracciato alcune proposte operative per le comunità parrocchiali sulla via dell’ecumenismo, specificando che «non esiste un percorso del popolo e uno dei teologi, ma l’ecumenismo è fatto da tutti i cristiani su più ambiti». Per questo, ha sollecitato, ognuno è chiamato a «formarsi ed informarsi, imparando a conoscere la teologia della propria Chiesa, collaborando fraternamente con le altre Chiese, senza nascondere che vi siano delle difficoltà su alcuni aspetti del dialogo». Il cardinale ha poi concluso sostenendo che «l’unità è un dono dello Spirito Santo; per questo l’ecumenismo più importante è quello della preghiera, solo pregando insieme si arriverà all’unità».