«Un tempo particolare e inaspettato dove l’umanità è invitata a fare verità nella propria esistenza». Così il vescovo Luigi Marrucci descrive il tempo dell’emergenza sanitaria che da due mesi ha sconvolto le esistenze di molti e ha costretto la Chiesa a sospendere le attività pastorali. Il presule ha incontrato la stampa alla vigilia di Pasqua. Riportiamo alcune delle domande che gli sono state rivolte.
Come trascorre queste giornate quasi sospese?
Vivo normalmente la mia giornata, senza impegni fuori casa o comunque limitati, come tutti. Prego, celebro l’Eucaristia, lavoro, cerco di essere vicino a quanti mi cercano attraverso i social media, ai miei sacerdoti, agli amici con i quali scambio le mie riflessioni e accolgo le loro confidenze.
In momenti di crisi, a volte, escono fuori gli aspetti peggiori delle persone ed emerge anche tanta solidarietà. Dove e come i due aspetti si conciliano?
Per cogliere le paure e quello che emerge di buono e di cattivo dal cuore delle persone non c’è bisogno di attendere il tempo del Covid-19. Questo tuttavia, è un periodo particolare e inaspettato dove l’umanità è invitata a fare “verità” nella propria esistenza, la famiglia a ricolmare i vuoti della sua carenza di unità, la persona a rivendicare la sua autentica libertà, che spesso ha il sapore dell’autosufficienza e dell’anarchia, Dio, i valori del proprio dovere, il rispetto della natura, la fraternità, l’accoglienza, la condivisione vengono lasciati ai margini di una società senza futuro.cMi auguro che questa “guerra virale” aiuti a fare introspezione nella propria vita e a rileggere il suo vissuto per una nuova primavera della storia. Questa è la vera Pasqua di Risurrezione.
Le parrocchie, ancora di più in questo periodo, svolgono un ruolo sociale. Cosa sta avvenendo?
La Caritas diocesana e quelle parrocchiali svolgono, anche in questo momento di emergenza, il loro ruolo di ascolto e di assistenza. Le persone anziane, sole, bisognose, spesso hanno necessità di aprire il cuore a qualcuno, poi anche di accogliere viveri, aiuti a pagare le utenze o soddisfare altre necessità. Una caratteristica della narrazione evangelica è collocare Gesù in ascolto dei bisogni e delle richieste delle persone che incontrava lungo le strade della Palestina; il “farsi prossimo” è stata la missione di Gesù ed è oggi quella dei suoi discepoli. Resta il fatto che i sacerdoti si muovono rispettando l’attuale normativa del Governo, spostandosi se ce n’è necessità, muniti di autocertificazione; altrimenti come tutte le persone rimangono in casa e mi auguro sappiano impiegare bene questo tempo di grazia che il Signore ha messo sul cammino della nostra esistenza.
Riguardo il blocco delle celebrazioni per questioni di sicurezza sanitaria, come considera questa soluzione?
Molti cristiani – penso a loro perché altri non si pongono nemmeno il problema – ritengono che la “chiesa-edificio di culto” sia il luogo unico per incontrare il Signore. Il luogo di culto è “casa di Dio e casa dell’uomo” insieme: luogo in cui la comunità di fede si raduna per esprimere insieme la lode e il culto spirituale a Dio. Ma terminato il rito, questo culto deve trovare il suo prolungamento nella quotidianità, ad iniziare dalla vita familiare “chiesa domestica” per trovare poi la sua estensione nella storia, dove l’uomo vive, lavora, esprime i momenti belli e sofferti della vita.
Questa quarantena è stata un’occasione speciale per riflettere. Per lei com’è stato?
Desidero rifarmi ad un episodio che l’evangelista Luca riferisce al capitolo 10: l’incontro a Betania con Marta e Maria, le sorelle di Lazzaro, che Gesù aveva rianimato e riconsegnato alla vita. Si dice che Marta “era presa dai molti servizi”, mentre Maria “stava ai piedi di Gesù ascoltandolo”. Questi due atteggiamenti hanno messo in contrasto le sorelle: alcuni, sempre pronti all’azione, privilegiano Marta, altri Maria, quelli che ritengono essere più intimi al Maestro. Nella vita occorrono che i due atteggiamenti abbiano lo stesso spazio: “ascoltare e agire” l’uno vive dell’altro, o stanno insieme o cadono insieme.
C’è qualcosa che vorrebbe dire ai fedeli che non ha già detto nei messaggi che ha inviato in questo periodo?
Il teologo Dietrich Bonhoeffer affermava che «Dio in Gesù Cristo non ci salva in virtù della sua onnipotenza, ma in forza della sua impotenza”: ha regnato non da un trono, ma dalla croce. E la croce è amore. E chi nella vita fa una scelta, costruisce nell’amore il proprio donarsi. La “Vita è bella” ci ricorda l’attore comico toscano Roberto Benigni, pur nelle grigie giornate del lager, il campo di concentramento dell’esistenza umana. È bella perché è dono di un Dio che è bellezza assoluta; è bella perché servire dona felicità. Tutti devono imparare che la vita è servizio e, quando termina il tempo del tuo renderti utile, saper riconoscere di non avere alcuna pretesa.