«Di te si dicono cose gloriose, città di Dio!» (Salmo 87,3) è il titolo della lettera pastorale di Avvento che il vescovo Luigi Marrucci ha indirizzato alla Chiesa di Civitavecchia-Tarquinia. Il documento prende lo spunto dal 235° anniversario della Dedicazione della Chiesa Cattedrale, il 20 maggio 2017, «tempio in cui la comunità cristiana radunata, esprime l’unità delle sue molteplici membra ed esercita il suo sacerdozio come assemblea celebrante». La lettera si struttura in tre parti: la storia della cattedrale, la spiegazione degli spazi liturgici e la riflessione «Dal tempio di pietra alla comunità di pietre vive» che riportiamo integralmente.
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Ai miei fratelli nel sacerdozio ministeriale e battesimale
della Chiesa di Civitavecchia-Tarquinia
Cari amici,
il 20 maggio 2017 ricorre il 235° anniversario della Dedicazione della Chiesa Cattedrale, il tempio in cui la comunità cristiana radunata, esprime l’unità delle sue molteplici membra ed esercita il suo sacerdozio come assemblea celebrante.
La Chiesa Cattedrale prende il nome dalla cattedra, il luogo liturgico del ministero del Vescovo successore degli Apostoli; dalla cattedra infatti il Vescovo insegna ed evangelizza, presiede le celebrazioni liturgiche ed esercita il suo governo pastorale di servizio alla comunità.
La cattedra ha la sua radice nel sedile – bimah – della sinagoga ebraica da cui il lettore, in modo visibile e da tutti più facilmente udito, proclama la Torah, evocando la cattedra di Mosè dal quale prende autorità.
Il triplice mandato che la consacrazione episcopale conferisce all’eletto è dottrina sicura fin dal secondo secolo, come attesta Sant’Ignazio, vescovo di Antiochia.
Lì ad Antiochia “per la prima volta i discepoli furono chiamati cristiani” (At 11,26) e nelle lettere che il vescovo Ignazio indirizza a sette comunità, come attesta Eusebio di Cesarea, storico del IV secolo, esorta i seguaci del Signore all’unità con Dio, con Gesù Cristo, con tutta la Chiesa, con il vescovo che “presiede la carità di tutta la Chiesa”(cfr Romani, prologo).
E con immagini e analogie – quali la cetra, le corde, l’intonazione, il concerto, la sinfonia – esprime l’invito all’amore e all’unità tra vescovo, presbiteri e diaconi per l’edificazione dell’intera comunità.
3 – Dal tempio di pietra alla comunità di pietra vive
Il tempio, costruito da mani d’uomo, pur nella sua bellezza architettonica arricchita di opere d’arte, è sempre freddo, serve solo ad essere ammirato.
Può contenere la storia, l’arte, può affascinare lo sguardo ma non abbraccia la vita, non offre il calore umano di un cuore che ama, accoglie e accompagna.
Può riassumere ed esprimere i vari momenti e modi della presenza di Dio in mezzo agli uomini, può essere in qualche modo eloquente attraverso affreschi, dipinti e icone varie, ma non riscalda il cuore se la persona non entra in comunione, se non instaura una relazione. Rimane edificio, costruzione.
Il segno della chiesa-edificio esprime e riassume i vari modi della presenza di Dio in mezzo all’umanità: simboleggia il tempio cosmico, in cui lo Spirito di Dio aleggia (cfrGn 1,2); la “Dimora” dove Dio abita in tenda (cfr Es 26) e nel tempio di Gerusalemme (1 Re 8,10ss); è immagine dell’umanità di Cristo, del suo corpo personale e visibile (cfrGv 2,19-21).
Al di là della sacralizzazione dello spazio materiale, propria delle religioni naturalistiche, lo scopo di questa riflessione èaiutarei cristiania cogliere nel Cristo uomo-Dio la vera sacralità che da lui si comunica per essere autenticotempio, popolo sacerdotale, profetico e regale.
Una comunità che vive ilbattesimo e l’unzione crismale nello Spirito efa della sua vita una costante offerta al Padre, in Cristo sommo ed eterno sacerdote (cfrEb 10,14), è il vero tempio di cui parla Gesù nel Vangelo.
Essere pietre vive, unitetra loro e che hanno come fondamento Gesù Cristo, impegna quindi ad essere comunità: “siete costruiti anche voi come edificio spirituale”(1 Pt 2,5).
La prima comunità di pietre vive ce la descrive Luca nella sua seconda narrazione:
“Erano perseveranti nell’insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere. Un senso di timore era in tutti, e prodigi e segni avvenivano per opera degli apostoli.Tutti i credenti stavano insieme e avevano ogni cosa in comune; vendevano le loro proprietà e sostanze e le dividevano con tutti, secondo il bisogno di ciascuno. Ogni giorno erano perseveranti insieme nel tempio e, spezzando il pane nelle case, prendevano cibo con letizia e semplicità di cuore” (At 2,42-46).
Sono delineati i quattro pilastri di ogni autentica esperienza ecclesiale che nasce dal dono dello Spirito Santo, come in quella mattina di Pentecoste:ascolto della Parolacomunicata dagli apostoli; esistenza nuova nella comunione e nei rapporti fraterni; convenire per spezzare il pane(è uno dei termini con cui i primi cristiani chiamavano la celebrazione eucaristica); la preghiera insieme.
Il vero miracolo della Pentecoste è la nascita della comunità cristiana, della Chiesa di pietre vive.
Occorre pertanto“risalire nella stanza al piano superiore” (At 1,13) cioè rientrare in se stessi, riappropriandoci dell’identità cristiana, della dignità di “figli nel Figlio”(cfrGal 4,4-7), di essere autentica comunità di fede per ritrovare o rinnovareil rapporto con Dio in una preghiera assidua e silenziosa, personale e comunitaria.
Dal cuore rinnovato dallo Spirito Santo nasce la comunione e la vera fraternità.
Così è avvenuto ai discepoli della prima comunità cristiana: chiamati a condividere ciò che possedevano, lo Spirito li trasforma in apostoli, profeti e missionari.
La missionarietànon è un di più, ma l’essenza stessa della Chiesa, ci ricorda il Concilio Vaticano II: “La Chiesa durante il suo pellegrinaggio sulla terraè per sua natura missionaria, in quanto è dalla missionedel Figlio e dalla missione dello Spirito Santoche essa, secondo il piano di Dio Padre, deriva lapropria origine”(AG 2).
E aggiunge Papa Francesco: “in virtù del Battesimo ricevuto, ogni membro del popolo di Dio è diventato discepolo missionario… e lo è nella misura in cui si è incontrato con l’amore di Dio in Cristo Gesù” (EG 120).
La missione inizia all’interno della comunità stessa che ricentra se stessa sulla Parola di Dio, senza la quale non c’è né comunità cristiana enon c’è facile convivenza nella città dell’uomo; solo la Parola di Dio, che non rimane discorso, porta ad edificare, è Parola che costruisce.
Ma la costruzione avviene sulla pietra fondamentale che è Gesù Cristo, dentro la comunità che “poggia su dodici basamenti” (cfr Ap 21,14) che sono gli apostoli dell’Agnello.
Gli Apostolie, mediante il ministero della successione apostolica,i Vescovi, con la loro testimonianza di fede e di carità, sono i fondamenti portanti della comunità cristiana.
La missione continua nelle case degli uomini: la Chiesa rinasce nelle case, se aiutiamo ogni casa ad essere chiesa domestica, ed ogni chiesa ad essere casa che sa accogliere e nella quale si respira l’aria dell’amore-donazione.
Anche il quartiere o il paese, che è famiglia di famiglieci deve aiutare a scoprire e a riconoscere cheinsieme è meglio: saperci ascoltare, programmare insieme, lavorare in comunione. E’ la meta che ci sta davanti e verso la quale, senza arroganza né scoraggiamento, vogliamo indirizzare la nostra missione di discepoli del Signore.
Lo scopo più profondo dell’esistenza di un edificio sacro èproprio questo: incontrare Cristo, renderlo vivo nella comunità di fede, dargli un volto, offrirgli un nome.
Il tempo liturgico dell’Avvento esorta ad andare incontro al Signore che viene, ad aspettarlo, ad ascoltarlo, a contemplare il suo volto.
Maria ci dice anche per quale scopo esistono gli edifici-chiese: esistono perché dentro di noi si faccia spazio alla Parola di Dio; perché dentro di noi e per mezzo di noi la Parola possa anche oggi farsi carne.
A lei, arca della nuova alleanza e tempio vivo di Dio, affidiamo il cammino della nostra Chiesa di Civitavecchia-Tarquinia e le chiediamo di aiutarla a non nascondere la luce del Vangelo sotto il moggio della sua poca fede ma a farla risplendere davanti agli uomini, perché dall’amore con cui i cristiani stanno insieme, tutti possano rendere gloria al Padre dei cieli (cfr Mt 5,14 ss).
Con la benedizione del Signore,
+ don Luigi, vescovo
Civitavecchia, 20 novembre 2016 – solennità di Cristo Re dell’universo.
Il testo completo della lettera pastorale in versione pdf