«La Vergine Maria è la prima creatura che ha sperimentato la ricchezza e la potenza dell’amore divino. Nella sua umiltà ha accolto il progetto di Dio ed è stata strumento di vita di Colui che pascerà il suo popolo con la forza del Signore». Così il vescovo Luigi Marrucci ha introdotto, lo scorso 8 settembre, la celebrazione eucaristica per l’ordinazione diaconale di Stefano Carlucci nella chiesa di Gesù Divino Lavoratore a Civitavecchia. Nel giorno in cui la diocesi festeggiava la patrona, la Madonna delle Grazie, il presule ha conferito il primo grado dell’ordine sacro al trentaduenne originario di San Pietro Vernotico (BR), liceziando in teologia fondamentale alla Pontificia Università Lateranense. A presentare il candidato è stato don Francesco Giuliani, parroco della comunità di Nostra Signora di Coromoto a Roma, in cui Carlucci ha vissuto gli anni della formazione, sottolineando le sue qualità umane e spirituali e definendolo «una persona affidabile, umile e generosa nei suoi impegni pastorali svolti in questa parrocchia con spirito di responsabilità e dedizione».
Nell’omelia (testo integrale), monsignor Marrucci ha tracciato la figura del diacono, specificando che per Stefano è «primo grado del sacramento dell’ordine, per accedere in un secondo tempo al presbiterato ed essere in pienezza sacramento di Cristo sacerdote». Per il vescovo, la parola candidato che deriva da “veste candida”, «nell’antichità richiamava purezza, trasparenza: infatti si presupponeva che fosse al di sopra di ogni sospetto e la sua investitura fosse per il bene dei cittadini, candidato cioè a servire e non a spadroneggiare». Un aspetto che «delinea la figura dei diaconi, i sette uomini che gli Apostoli scelgono per il servizio dell’amore di Dio e dell’amore dei fratelli: le due mense a cui, per l’imposizione delle mani da parte del Vescovo, si è consacrati per il ministero del servizio».
Il presule ha poi illustrato in tre caratteristiche il ruolo del diacono, definendolo anzitutto come “ministro dell’amore” perché «senza amicizia con Gesù e senza un sì generoso da rinnovarsi quotidianamente, non c’è la gioia dell’amicizia, non c’è vita di ministro dell’Amore».
Il diacono è poi “servo della comunione e della fraternità” perché «la relazione umana, esistenziale, pastorale con i confratelli e il vescovo sono la gioia di ogni ministro consacrato nel sacramento dell’Ordine». Rivolgendosi al candidato, Marrucci ha poi detto «non sei diacono oggi e presbitero domani per giocare la tua esistenza da solo; il nostro è un gioco di squadra dove vescovo, presbiteri e diaconi vivono il ministero in forma comunitaria. Condividono scelte e mete comuni, poi nella diversità delle situazioni, degli ambienti, delle persone a cui l’annuncio e l’azione pastorale sono rivolte, ciascuno si fa promotore e realizzatore del progetto comune».
Nel laboratorio della comunione e della condivisione fraterna, ha poi spiegato il Pastore, si inserisce anche il ministero della carità. «Il diacono – ha ricordato Marrucci – è al servizio della crescita della carità all’interno della comunità cristiana; il diacono e il presbitero sono sentinelle che osservano i tanti bisogni di amore dell’uomo contemporaneo e nello stesso tempo offrono la loro testimonianza di vicinanza e di aiuto alle varie povertà che vivono nel territorio».
Il diacono, infine, è “uomo del pane spezzato” per la sua «relazione con il popolo di Dio e con i fedeli che la provvidenza chiamerà a servire». Per il presule «senza matrimonio ci si può realizzare, ma senza affetto non si realizza nessuno. La gioia che scaturisce dall’innamoramento con Cristo apre all’affetto della gente, della comunità a cui sei inviato per servire, accogliendo tutti e colmando il vuoto della solitudine interiore di tanti fratelli e sorelle del nostro tempo». Per questo, ha poi spiegato, «il ministro ordinato, icona di Gesù buon pastore, è pane spezzato per saziare la fame di ascolto, di donazione, di amore, di tenerezza, di cui oggi c’è tanto bisogno».
Il testo integrale dell’omelia pronunciata dal vescovo Luigi Marrucci