«L’Eucaristia è tesa tra passato e futuro: è un’attuazione sacramentale, la ripetizione nel segno, e allo stesso tempo un’anticipazione escatologica, come presenza sacrificale e attuazione del banchetto eterno». Così il vescovo Luigi Marrucci, commentando la prima lettera ai Corinzi nella quale Paolo fa memoria dell’istituzione dell’Eucaristia, ha introdotto la Messa solenne per il Corpus Domini che si è svolta giovedì scorso nella Cattedrale di Civitavecchia.
Quella che si è riunita è la Chiesa costituita intorno al suo pastore per partecipare al mistero dell’Eucaristia, rendere grazie e testimoniare l’amore che Gesù ha insegnato. Questo, ha spiegato il presule, è il Corpus Domini, la solennità del Corpo e del Sangue del Signore, che la diocesi ricorda con due celebrazioni e processioni, entrambe presiedute dal vescovo Luigi Marrucci.
La prima, che il 26 maggio ha visto gremita di fedeli la Cattedrale di Civitavecchia a cui è seguita una partecipazione ancora maggiore alla processione lungo le vie del centro storico. La seconda è quella che si svolge domenica 29 maggio a Tarquinia, con la Messa che avrà luogo alle 10.30 nella chiesa di San Francesco e alla quale farà seguito la processione eucaristica per le vie della città abbellite con l’infiorata.
Un duplice appuntamento con cui si celebra la solennità rispettando sia il calendario tradizionale, che istituisce il Corpus Domini il giovedì della seconda settimana dopo la Pentecoste evidenziandone il legame con il giovedì santo, sia con il calendario della Chiesa italiana che lo ricorda la domenica successiva. Una festa istituita nel 1264 da papa Urbano IV affinché il popolo cristiano potesse partecipare con “speciale devozione” alla Messa.
L’omelia del vescovo Marrucci si è poi sviluppata su due concetti ripresi dalle letture proposte nella liturgia. Anzitutto la figura di Melchìsedek, sacerdote e re di Salem, che compie l’offerta del pane e del vino. «Una festa – ha detto il presule – che ripetiamo in ogni Eucaristia quando nella presentazione dei doni ripetiamo “abbiamo ricevuto questo pane e questo vino frutto della terra, della vigna e del lavoro dell’uomo e lo presentiamo perché diventino cibo e bevanda”». Ricordando la costituzione conciliare Lumen Gentium, monsignor Marrucci ha parlato della funzione sacerdotale, profetica e regale del popolo di Dio. «Nell’Eucaristia – ha spiegato – esercitiamo tutti il nostro sacerdozio perché insieme al pane e al vino presentiamo noi stessi – il nostro lavoro, le sofferenze, i sacrifici, la redenzione – affinché divengano Eucarestia. Il nostro lavoro è allora nutrimento per la vita eterna».
Il secondo passaggio proposto dal pastore è ispirato al vangelo di Luca che narra il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci. Un racconto che il presule ha riassunto con «tre verbi» – benedire, spezzare e dare – e «un gesto di sinodalità» attraverso la condivisione e la comunione.
«Papa Francesco – ha detto il vescovo – parlando alla Chiesa italiana nel convegno ecclesiale nazionale di Firenze, ci ha sollecitato ad attuare la sinodalità in tutte le forme di partecipazione alla vita della Chiesa». «Una Chiesa sinodale – ha spiegato monsignor Marrucci – è quella dell’ascolto, un atteggiamento che è più del semplice sentire, un atteggiamento in cui ognuno ha qualcosa da imparare dall’altro: fedeli, sacerdoti, collegio episcopale. L’uno in ascolto degli altri e tutti in ascolto dello Spirito, per conoscere ciò che egli dice alla Chiesa». «L’Eucaristia – ha concluso il presule – è il cibo che il Signore spezza per noi, per fare strada insieme e allo stesso tempo ci chiede di condividerlo».