«Sarà un’occasione di preghiera e riflessione, con molte iniziative comunitarie, per rinnovare la nostra scelta, felici di appartenere alla vita e alla santità della Chiesa». È questo il significato dell’Anno della Vita Consacrata secondo padre Antonio Matalone, vicario episcopale per i religiosi e le religiose della nostra diocesi. Aperta ufficialmente il 30 novembre scorso in Vaticano, l’iniziativa è stata voluta da papa Francesco per i 50 anni della promulgazione del decreto conciliare “Prefectae caritatis” sul rinnovamento della vita consacrata.
Il Santo Padre, in occasione della messa di apertura dell’anno presieduta domenica scorsa dal cardinale Joao Braz de Aviz, ha inviato un messaggio dalla Turchia, dove era in viaggio apostolico, agli uomini e alle donne che «hanno deciso di lasciare ogni cosa per seguire Cristo», invitandoli a far risplendere la propria testimonianza di vita affinché sia «lampada posta sul candelabro per dare luce e calore a tutto il popolo di Dio». Il Pontefice ha indicato tre vie per essere all’altezza di questo compito. La prima è quella che passa per le labbra delle consacrate e dei consacrati: la via del sorriso. Essere gioiosi scrive il Papa, è la prima testimonianza della «vostra avventura evangelica», perché «seguire Cristo riempie il cuore di felicità». Tante persone «sentiranno il desiderio di condividere con voi» questa gioia. La seconda via è quella che discende dalla storia dei vari ordini religiosi: «I vostri fondatori e fondatrici – sottolinea Francesco – hanno aperto nuove strade». Percorrendole, «mostrate la potenza innovatrice del vangelo che se messo in pratica può dare risposta a tutti gli interrogativi del mondo». Infine, il Papa ha esortato a essere «donne e uomini di comunione». «Siate instancabili costruttori di fraternità, specialmente nei confronti dei più poveri», mostrate «che la fraternità universale non è un’utopia, ma il sogno stesso di Gesù per l’umanità intera».
L’invito del Pontefice, spiega padre Antonio Matalone, è l’indicazione rivolta a tutti i consacrati a vivere quest’anno per riscoprire le radici della propria scelta vocazionale. Per il vicario, infatti, «la “Prefectae caritatis” incarna lo spirito del Concilio, per questo il rinnovamento che ci chiede è continuo: invita infatti a riconoscere i segni dei tempi e in base ad essi ripensare la nostra presenza nella Chiesa, per attualizzare l’ispirazione dei nostri fondatori».
È stata questa la riflessione che ha guidato i due incontri diocesani svolti dai consacrati all’apertura dell’anno a loro dedicato: il 21 novembre scorso le religiose presso le Suore della Carità di Civitavecchia e il 24 novembre i religiosi che si sono incontrati nella Chiesa dei Santi Martiri Giapponesi.
«Stiamo vivendo un tempo di passaggio, non una crisi», spiega padre Matalone. «Mentre in Italia e in Europa assistiamo a un netto ridimensionamento numerico, in altre aree continentali, soprattutto in Asia, fioriscono le vocazioni. Solo per il mio ordine, i Minori Cappuccini, il gruppo di religiosi italiani che storicamente è sempre stato il più numeroso, è stato surclassato dai confratelli indiani. Dobbiamo vivere questi cambiamenti come una vera ricchezza per la Chiesa e per l’umanità».
«L’importante – conclude padre Antonio – è essere ancora capaci, giorno dopo giorno di dialogare con il prossimo»; è questo un modo infallibile per «prendersi cura degli altri vivendo la nostra testimonianza, come ci invita papa Francesco, in maniera profetica e controcorrente».