La dipartita del vescovo pellegrino

Il rimpianto degli unitalsiani


Il rimpianto degli unitalsiani
 
LA DIPARTITA DEL VESCOVO PELLEGRINO
 
Sono i pellegrinaggi, vissuti con gente spontanea e di fede certa, che hanno favorito la grande popolarità di mons. Carlo Chenis fra gli unitalsiani. Profondo e severo nelle sue omelie, in preghiera nei lunghi viaggi in treno, compunto nel raccoglimento della Grotta, ma a suo agio fra le chiassose scorribande del personale sui marciapiedi ferroviari di Lourdes, il Vescovo ha mostrato di essere una sicura guida spirituale ed un gradevole compagno di intrattenimento nel distensivo clima dei fine-pellegrinaggio.
Il successo personale è dimostrato dai numeri:
121 pellegrini nel 2006, prima della partecipazione del Vescovo;
174 viaggiando con S.E. nel 2007;
160 senza di lui nel 2008;
208 viaggiando con lui nel 2009.
La progressione, proporzionale alla crescita del suo gradimento nella diocesi, è di per sé eloquente e certo vi ha concorso la possibilità di vivere sette giorni col nostro Pastore, ma l’immediatezza del rapporto umano, il suo accogliente sorriso e la sua disponibilità con le persone di ogni ceto, sono state, nel loro assieme,  la condizione discriminante.
Non per nulla don Carlo – primo Vescovo diocesano a partecipare ad un pellegrinaggio a Lourdes –  accolse subito, nel 2007, l’invito del Presidente unitalsiano Mauro Mandolesi ad unirsi al faticoso viaggio in treno per la Grotta di Massabielle: una ventina d’ore di sballottamenti quando tutto va bene, con punte di 27-28 ore nei frequenti casi d’inciampo.
Né si può dire che il Presule, nonostante i molti impegni diocesani,  sia stata per l’Unitalsi una veloce meteora: le sante messe per la ‘Preparazione del Treno’ e, al ritorno, per la ‘Verifica’ sono state sempre officiate da lui. Così com’è stato generoso di consigli per la pubblicazione di ‘Carità e Miracoli’, ideato da Mauro Mandolesi per il venticinquennale dell’Unitalsi diocesana. Il volume, introdotto da una sua prefazione, fu presentato nel corso di una bella cerimonia, nella sala di rappresentanza della Scuola di Guerra di Civitavecchia. Lo riferiamo solo per rimarcare che la sua risposta alla domanda dei fedeli era costante e generosa.  E, lui torinese, raffinato per modi e cultura, sapeva apprezzare la spontaneità ed il sincero affetto delle persone semplici. Per questo, di là dal piccolo gruppo unitalsiano locale, aveva trovato nelle feste delle Contrade di Allumiere un clima particolarmente gradito. Ed aveva amato d’istinto la franchezza della gente maremmana al punto che, appresa l’inesorabile conclusione della sua malattia, elesse questa terra a sua ultima dimora. Egli lascia qui un vuoto che tantissimi cercheranno di colmare andando a visitarne la tomba al Santuario diocesano della Madonna delle Grazie di Allumiere. Il vuoto apparirà invece insuperabile ai pellegrini dei treni unitalsiani. Ai barellieri ed alle sorelle d’assistenza mancherà una guida spirituale sicura e, a fine pellegrinaggio, quel liberatorio momento d’allegria che mons. Chenis, abbandonata ogni etichetta, viveva con gli strimpellatori di turno partecipando alle gimcane dei carrelli portabagagli, lanciati sui marciapiedi ferroviari.