Domenica prossima celebriamo il Corpus Domini
Quanto puoi, tanto osa! Egli supera ogni lode
di Tiziano Torresi
Domenica prossima celebreremo la solennità del santissimo Corpo e Sangue di Cristo. Le vie della nostra Tarquinia verranno ricoperte, con pazienza e maestria, da variopinti tappeti di fiori per la grande processione eucaristica. Il Corpus Domini, secondo il suo senso liturgico proprio, cade in realtà giovedì prossimo; la soppressione delle festività infrasettimanali ha suggerito di collocare la festa nella domenica successiva, anche se oggi il rito ambrosiano l’ha riportata obbligatoriamente al giovedì della seconda settimana dopo Pentecoste e vi è un disegno di legge che auspica il ripristino del precetto.
Perché giovedì? Intuì la risposta una suora di Liegi, in Belgio, già nel 1246: il Giovedì Santo, così ricco di riti suggestivi ma anche parte del Triduo Pasquale, quasi non ‘basta’ a dare al mistero straordinario dell’Eucaristia lo spazio e il tempo della dovuta contemplazione e celebrazione, occorre pertanto un momento dell’anno in cui rievocare con solennità il dono del corpo e sangue di Cristo. «Nella processione del Giovedì Santo, per la reposizione del Santissimo Sacramento, la Chiesa accompagna Gesù al monte degli Ulivi: è vivo desiderio della Chiesa orante vigilare con Gesù, non lasciarlo solo nella notte del mondo, nella notte del tradimento, nella notte dell’indifferenza di tanti. Nella festa del Corpus Domini, riprendiamo questa processione, ma nella gioia della Risurrezione. Il Signore è risorto e ci precede. La processione del Giovedì Santo accompagna Gesù nella sua solitudine, verso la ‘via crucis’. La processione del Corpus Domini, invece, risponde in modo simbolico al mandato del Risorto: vi precedo in Galilea. Andate fino ai confini del mondo, portate il Vangelo al mondo». (Omelia di Papa Benedetto XVI nella Solennità del Corpus Domini 2005). Non a caso si è detto Liegi, terra feconda di culto eucaristico e patria di quella beata Giuliana di Retine che ebbe in visione da Dio la richiesta di destinare al Santissimo Sacramento una speciale festa annuale. E poi ci fu il miracolo di Bolsena: nell’estate del 1263 il sacerdote pellegrino Pietro da Praga, dubbioso sulla presenza di Cristo nelle specie consacrate, sosta per la Messa nella Chiesa di Santa Cristina a Bolsena. Al momento della frazione del pane, l’ostia diventa carne stillando sangue sul candido corporale e su alcune pietre dell’altare. Il papa Urbano IV, residente con la Curia ad Orvieto, richiede le reliquie di tale prodigio che subito colloca nell’ancora modesta cattedrale orvietana di Santa Maria. Leggenda vuole che a condurle furono nientemeno che Bonaventura da Bagnoregio e Tommaso D’Aquino, autore di stupendi inni eucaristici. Quel che è certo è che di lì a breve, dopo questa serie suggestiva di fatti, due eventi raccoglieranno a imperitura memoria i segni del miracolo: il grandioso Duomo di Orvieto e la bolla Transiturus de hoc mundo che istituì per tutta la chiesa la celebrazione della Solennità del Corpus Domini nel giovedì dopo l’ottava di Pentecoste. Fu il Papa in persona a presiedere la prima processione del Corpus Domini per le vie della città.
Una tradizione dunque antica e grande sarà resa viva ed attuale, e per questo anche vera, per le nostre strade e nei nostri cuori. La cura con la quale si compongono le infiorate durante la notte vuole e deve essere appunto la manifestazione del nostro desiderio di vegliare nell’attesa che Egli passi come il vincitore di un corteo trionfale ma soprattutto come il custode silenzioso e fedele del nostro intimo, di aprire la strada al Signore, di rendergli culto nella bellezza e nella devozione della città ma anche nel suo spirito, in quell’anima che il Signore risorto sempre attraversa nelle viscere, come nella festosa, imminente domenica di primavera. La presenza ininterrotta del Cristo eucaristico è affidata infatti alle nostre mani, alle nostre esistenze che devono diventare rendimento di grazie e donazione reciproca di amore. È molto bello e opportuno rileggere il breve saggio di Joseph Ratzinger Il significato del Corpus Domini che si può rintracciare nella raccolta La festa della fede (Jaca Book 1984). Si chiedeva il futuro Papa: «Che significa per me il Corpus Domini? Anzitutto il ricordo di giorni festivi nei quali era interamente presa alla lettera l’espressione che Tommaso d’Aquino ha coniato in uno dei suoi inni eucaristici: Quantum potes, tantum aude, devi osare tutto ciò che puoi. Nel Corpus Domini tutta la comunità si sente chiamata a questo compito: tu devi osare tutto ciò che puoi. Sento ancora il profumo che emanava dalle aiuole e dalle fresche betulle. Ne fanno parte gli ornamenti di tutte le case, le bandiere, i canti. Sento ancora gli strumenti a fiato del villaggio che in questi giorni osava talvolta più di quanto potesse; sento lo scoppio dei mortaretti con cui i ragazzi esprimevano la loro barocca gioia di vivere ma che nelle vie salutavano proprio Cristo come un capo di Stato anzi, il capo supremo, come il Signore del mondo. La ininterrotta presenza di Cristo veniva celebrata in questo giorno, per così dire, come una visita di Stato, che non trascura nemmeno il più piccolo villaggio».
Ed è pure giusto e commovente, in questa settimana di preparativi, di spensierate scampagnate per raccogliere ginestra, di meticolosa predisposizione dei disegni delle infiorate, fare memoria viva e orante di quanto scrisse il vescovo Carlo Chenis, che tanto amava questa solennità, che ne presiedeva la celebrazione liturgica con somma maestria e che voleva davvero fare tutto il possibile, proprio secondo il poetico auspicio dell’Aquinate, perché il Corpus Domini diventasse sempre più una grande, bella e condivisa festa della fede della nostra Chiesa: «Davanti all’eucaristia dobbiamo ritrovare la forza dell’umiltà per adorare il Signore con cuore sincero e per promettergli quotidiana conversione. In questa epoca di grigiore spirituale riprendiamo alcuni gesti esteriori per indicare che nel nostro cuore sta rifiorendo la primavera dello Spirito. E con l’aiuto dello Spirito Santo dobbiamo impegnarci tutti, pur ammettendo le deboli forze, a rievangelizzare la nostra Diocesi. Questo è possibile con il nostro impegno e con l’aiuto di Dio». Sappiamo che il Vescovo Carlo, con i suoi insegnamenti, ci accompagna in questa processione della vita, insieme al Cristo che portiamo in trionfo per le strade della città ricoperte di fiori e custodiamo nei nostri cuori dove Egli, sempre, sa far sbocciare i fiori profumati della sua inesauribile Grazia.