Famiglie divise, «luoghi» di crescita della comunità. Convegno di pastorale familiare

Si è svolto il 25 maggio il convegno organizzato dall’Ufficio diocesano di pastorale familiare. Ad aprire la relazione di don Carlino Panzeri sul tema «Quando un amore finisce. Ripartire dalla dottrina o dalla persona?».

Una comunità che sa accogliere e consolare, che crea relazioni, che si lascia incontrare da quei figli e fratelli che ha generato come sposi nel Sacramento delle nozze e che ora vivono il dolore di un amore ferito, fallito, finito. È questo cammino di maturazione che ci dice qual è il volto della Chiesa, l’immagine che Papa Francesco ha chiesto ai vescovi della CEI nella prolusione dell’Assemblea generale che si è conclusa la scorsa settimana.
Il Pontefice ha invitato a una pastorale “non di conservazione” ma che, partendo dalla famiglia e con la sempre maggiore corresponsabilità dei laici, crei una “mentalità nuova” e si diffonda per “attrazione”.
I fratelli sposi che vivono situazioni di separazione, divorzio e nuova unione – il loro modo di vivere nella comunità e, soprattutto, l’accoglienza che a loro riservano gli altri fedeli – sono un indicatore fondamentale di tale cammino.
Sono questi i contenuti che don Carlino Panzeri ha approfondito nel corso del convegno “Quando un amore finisce – Ripartire dalla dottrina o dalla persona?” organizzato lo scorso 25 maggio dall’Ufficio diocesano di pastorale della Famiglia nella sala Giovanni Paolo II della Cattedrale di Civitavecchia.
L’incontro – dove erano presenti numerose persone in situazione di separazione, divorzio e nuova unione insieme ad operatori pastorali, sacerdoti e religiose – è stato aperto dal vescovo Luigi Marrucci che ha presentato l’iniziativa come l’inizio di un cammino per aiutare ognuno «a “deporre l’uomo vecchio” per vivere nella Chiesa e formare una mentalità, nuova, di Chiesa».
Don Panzeri, responsabile della pastorale della Famiglia nella diocesi di Albano, ha testimoniano l’esperienza che lo vede da oltre diciassette anni accanto a gruppi di famiglie che vivono situazioni di crisi e di separazione.
Il sacerdote ha invitato ad aprirsi ad una pastorale dell’accoglienza «perché questo è il primo segno sacramentale: l’incontro, la relazione con l’altro». Verso i fratelli che vivono situazioni di separazione, divorzio e nuova unione, don Panzeri ha detto che la comunità è chiamata a interrogarsi su «come convertirsi insieme a loro, come educare all’accoglienza e come maturare un modo nuovo di concepire la morale, che parta dalla persona più che dalla dottrina».
Concetti che, secondo il sacerdote, sono a cuore a papa Francesco e sui quali ha chiamato la Chiesa a interrogarsi nel prossimo sinodo dei vescovi, ma che caratterizzano il magistero da oltre cinquant’anni. In particolare, ha detto il relatore, «il Direttorio di pastorale della famiglia del 1993 spiega chiaramente che il sacramento più grande è il battesimo, che ci rende figli di Dio e fratelli, mentre la comunione è il culmine di questo rapporto». «È sbagliato quindi – ha continuato – parlare dei fedeli divorziati concentrando il dibattito solo sull’aspetto della comunione, sottovalutando invece il come la comunità riesca ad essere accogliente verso i fratelli battezzati». La questione, ha poi spiegato, è non ridurre il cammino pastorale con le persone separate e divorziate al problema della loro ammissione o esclusione ai sacramenti «perché Il dolore, a volte, non è tanto nel digiuno eucaristico ma nella solitudine nella quale si trovano».
Per questo, ha poi aggiunto, «occorre una comunità – capace di dare e ricevere amore, che sappia accogliere per quello che si è e non per quello che si fa». Di fronte a “ignoranza” e “approssimazione”, ha poi spiegato che «occorre eliminare ogni forma di giudizio e creare una nuova mentalità, capace di far capire che ogni persona ha una storia e non esistono le categorie sociologiche dei “separati” e dei “divorziati”».
L’incontro con le famiglie in crisi e divise, secondo don Panzeri, deve quindi essere un “luogo di crescita” per l’intera comunità, che porti a un cambiamento di mentalità e a «una morale orientata più alla responsabilità che al peccato» e che «non separi la verità dalla carità in un’ottica complessiva, che tenga conto dell’intera esistenza della persona e non di un episodio della sua vita».
 
 
«Perché non sia solo una bella iniziativa»
 
«Perché non sia solo una bella iniziativa» ci ha detto Don Carlino Panzeri all’incontro di domenica 25 maggio. Quest’anno in diocesi, per iniziativa dell’Ufficio della pastorale per la Famiglia, si è avviato un itinerario di incontro, confronto e condivisione tra i fedeli che si è sviluppato in tre diversi momenti.
Il primo, si è tenuto lo scorso gennaio. Don Carlino ha incontrato i referenti per la pastorale familiare delle parrocchie diocesane per un momento di formazione e riflessione sugli aspetti riguardanti questioni di separazione, divorzio e nuove unioni e come queste tematiche sono affrontate e vissute nella realtà ecclesiale.
Un secondo momento si è svolto il 2 marzo. In quella circostanza un gruppo di fedeli tra cui coniugi e persone che hanno vissuto esperienze di fallimento del legame matrimoniale, si sono incontrati allo scopo di conoscersi e confrontarsi su un possibile percorso di crescita da condividere all’interno della nostra Chiesa locale. Da quell’incontro sono emerse esigenze di formazione, approfondimenti e desiderio di essere tutti più vicini e reciprocamente accoglienti, all’insegna di quell’amore che Cristo ha avuto per tutti e senza distinzioni, indipendentemente dalla storia personale di ciascuno. Le proposte avanzate, frutto delle storie personali dei presenti, contribuiranno alla progettazione di un itinerario per il prossimo anno pastorale che includerà momenti formativi, di approfondimento e spazi per la preghiera comunitaria.
Intanto, il prossimo appuntamento è per il 5 ottobre, data che la diocesi ha individuato per la seconda edizione della Festa della famiglia, in collegamento con il convegno ecclesiale diocesano programmato per il 2 ottobre. L’invito a partecipare è rivolto a tutti, per testimoniare il valore della famiglia che, anche quando è motivo di sofferenza, può comunque costituire un’occasione di crescita personale e comunitaria. Dobbiamo aiutarci reciprocamente a diffondere una mentalità dell’accoglienza perché le nostre storie personali non ci dividano, ma la grazia del battesimo che abbiamo ricevuto ci faccia sentire l’appartenenza all’unica realtà che è la Chiesa.
 
Maria Raffaela Bagnati e Giuseppe Mancuso
Ufficio Pastorale per la Famiglia